IL LAGO SURPRISE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

IL LAGO SURPRISE

19° capitolo

Dopo aver trascorso la notte a casa di Lucilla si ritrovarono più in forze e fiduciose, per affrontare l’ultima tappa del loro viaggio: l’Australia.     

«Sentite cosa dice questo articolo trovato dentro la borsa di Plutone: 

Una leggenda narra che all’inizio dei tempi quattro giganti popolavano la terra che ora chiamiamo Australia. Uno di questi si fermò nelle terre dei Gunditjmara. Il suo piede creò un vulcano che chiamarono Budj Bim, ovvero “alta testa” nella lingua aborigena. La lava di questo vulcano eruttata dalla sua bocca costituiva i denti del gigante. Questa storia che ha dell’inverosimile unisce alla leggenda alcune significative scoperte geologiche ed archeologiche. Potrebbe essere una delle storie più remote tramandate fino ad oggi, perché i Gunditjmara popolano realmente queste terre da quasi 40 mila anni. Un racconto più antico di Omero che lascia aperti molti interrogativi.  

Le ragazze che si trovavano proprio in cima al Budj Bim, iniziarono a guardarsi intorno stupite e affascinate.

Marta si affrettò a chiedere se erano sicure che quel vulcano fosse inattivo. 

«Visto che siamo a Macarthur, nel sud-ovest dello stato di Victoria, questo vulcano dovrebbe essere spento, almeno secondo quanto dice Wikipedia. Ragazze, siamo nel posto giusto. » disse Pola che iniziò a leggere ad alta voce dal suo telefonino «La vetta di forma approssimativamente conica è alta 178 metri. Il cratere vulcanico spento contiene al suo interno il lago Surprise» 

«Devo ammettere che trovare un lago è stata una sorpresa anche per noi.» ironizzò Chiara «Ora come lo troviamo il Cristal Ignis? Se è finito qui sotto, l’unica cosa che possiamo fare è noleggiare una barca e vedere dove si accende il nostro meteorite, per poi immergerci.»  

«Non guardate me.» Si affrettò a precisare Pola, mentre Marta affermava in tutta onestà di non saper nemmeno galleggiare. 

«Il mio è l’unico paese del sud est asiatico ad essere completamente circondato da altri stati, non ho il mare e non ho fatto pratica nelle cascate di Khone Papeng.» precisò Lucilla mentre si affrettava a rimettere a posto le carte che aveva trovato nella sacca di Plutone. 

Stella, dopo aver fatto un passo avanti si offrì volontaria e quasi stava per tuffarsi, quando fu trattenuta da Pola.  

«Aspetta. Non basta che ti tuffi tu. Plutone ha sempre detto che serviamo tutte per prenderlo.»  

Stella

«Stai diventando peggio di lui. Non fai che ripetere quella frase. E’ evidente che abbiamo bisogno di più informazioni. Ci serve Pluto. Marta, puoi portarlo qui?» chiese Chiara. 

Marta ricordò a tutte che il Prof. Magus era molto malato e non era il caso di lasciarlo solo.  

«Il Prof. Magus malato? Forse io posso aiutarlo.» si affrettò a dire Stella.  

«Ma guarda che strano. Sembra che tu abbia sempre la soluzione per ogni cosa.» l’appostrofò Chiara dando l’idea di essere in competizione con lei. 

«Smettetela di bisticciare. »  Le rimproverò Pola prima di chiedere maggiori spiegazioni. «Perché pensi che potresti essergli utile?» 

 «Il mio fidanzato aveva scoperto che i miei capelli avevano il potere di guarire. Senza dirmi niente, aveva creato una polvere in grado di sanare da molte malattie. Peccato che si faceva pagare ingenti cifre di denaro per elargirla. Io ho trovato quella polvere tra le sue cose e ho pensato che poteva un giorno tornarmi utile. Potrebbe essere l’occasione giusta per vedere se funziona.» 

«E’ per questo che è successo…» Pola non finì la frase per paura di mettere in imbarazzo chi ancora non conosceva quella storia e Stella per non sentirsi a disagio davanti a quegli sguardi indagatori, aveva volto loro le spalle rivolgendosi verso il lago.  

«Quando ho scoperto i subdoli ricatti di quell’uomo, la collera ha fatto crescere i miei capelli senza che riuscissi a controllarli ed è morto nel sonno.» ricordò Stella. 

«Hai già ammesso di esserti pentita, che non avresti voluto farlo, non parliamone più.» disse risoluta Chiara mordendosi un labbro per quel continuo atteggiamento ostile che non sembrava in grado di controllare quando parlava a Stella. «Che ne dici Marta,  di portare Stella sull’Olimpo? Così vediamo se con l’aiuto di Plutone e del Prof. Magus riusciamo a capire come recuperare il Cristal Ignis.»  

Si organizzarono con un piccolo accampamento. Lucilla che aveva il compito di occuparsi delle provviste dette loro qualcosa da mangiare prima di vedere Marta e Stella scomparire nel nulla. Anche Leo si allontanò in cerca di cibo, ma non tornò solo. Alcuni aborigeni lo accompagnavano. 

Chiara fu la prima a farsi avanti. Cercò di parlare loro con un inglese affettato, per paura che non capissero la lingua, ma questi – quasi offesi – le fecero presente che avevano studiato in un’importante università americana. Nonostante il loro abbigliamento fosse alquanto folkloristico, erano assai spigliati. A quel punto, per recuperare la gaffe, cercò di spiegare come mai si trovavano in quel luogo, con la speranza di essere aiutate nel ritrovamento.

Erano ormai passati venticinque anni dalla caduta del meteorite, ma una cosa del genere non doveva essere difficile ricordarla. Gli autoctoni ascoltarono la loro storia senza battere ciglio. Non riuscivano a capire se il loro atteggiamento era dovuto a scetticismo, o se al contrario conoscevano bene quella profezia, tanto da non aver bisogno delle loro spiegazioni. 

«Siete solo in tre?» chiese quello che sembrava il capo. 

«Per la verità, siamo in cinque.» disse tutto d’un fiato Pola. 

«Le altre nostre due amiche sono andate a salvare il Prof. Magus sul monte Olimpo, ma saranno qui a breve. Le stiamo appunto aspettando.» A Chiara la risposta era uscita senza nemmeno riflettere. Forse per la soggezione che provava di fronte a quelle persone, si sentiva particolarmente a disagio e non riusciva a controllare la sua loquacità. Si accorse subito di aver dato fin troppe spiegazioni, ma non poteva tornare indietro. Anche capire quello che passava per la testa di quegli uomini le era molto e stranamente difficile. Vennero invitate a seguirli. Non avrebbero voluto lasciare l’accampamento, ma non potevano certo rifiutarsi davanti a quell’atteggiamento risoluto. 

Dopo circa un’ora di cammino si trovarono di fronte un’apertura nella roccia. Il capo degli aborigeni indicò l’entrata. Chiara che sembrava la più coraggiosa si fece avanti, ma era talmente buio che subito uscì. Anche il cellulare non sembrava essere sufficiente per andare avanti in sicurezza.  

«Voi non siete chi dite di essere.» le accusò il capo degli aborigeni e fece per andarsene. 

«Aspetta, perché dici questo?» Gli corse incontro Pola, cercando di trattenerlo per un braccio. L’uomo non reagì al tocco di Pola e un’occhiataccia le fece lasciare subito la presa.  

«Da anni il mio popolo attende cinque persone designate a riportare la luce sulla Terra. Non potete essere voi, se non siete nemmeno in grado di crearla per vedere cosa vi sia lì dentro.» 

«Ha ragione a dubitare, ma appena torneranno le altre nostre due sorelle con la pietra che pulsa, scoprirete che non vi abbiamo mentito.» si affrettò a dire Chiara. 

L’uomo si confrontò con gli altri aborigeni. Parlarono qualche minuto nella loro lingua, per poi lasciarle con un ultimatum. 

«Vi daremo due giorni di tempo. Se arriveranno, entro dopodomani, vi condurremo dalla pietra. Ne siamo i custodi e non la metteremo nelle mani di nessuno che non sia stato prescelto per questo compito. La profezia di questo luogo non è stata svelata interamente. Noi siamo i custodi dei misteri di questa valle e tutto quello che ne consegue è nostra responsabilità.» 

«Manderemo loro un messaggio e saranno qui anche prima, vedrete. Grazie infinite per la vostra disponibilità.» si affrettò a ringraziare Chiara seguita dalle altre. 

Gli uomini rimasero imperturbabili continuando a seguirle con gli occhi ritornare sui loro passi, verso l’accampamento. La situazione era piuttosto angosciante. Chiara cercò di contattare le sorelle, ma si rese conto che non c’era campo. Il telefono non funzionava più. Provò anche Pola, ed ebbe lo stesso risultato. Non vi era alcuna possibilità di mettersi in contatto con il monte Olimpo né con i suoi ospiti.  

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