ARRIVA IL BUIO

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

ARRIVA IL BUIO

23° capitolo

All’IRAM il Prof. Magus, che aveva ripreso i sensi, stava cercando di organizzarsi al meglio per l’arrivo delle prescelte. Sarebbero giunte di lì a poco e una buona parte del mondo era già immersa nelle tenebre.

«Cosa sta succedendo? Cosa sono tutte queste candele? Non dovrebbe essere giorno qui?» chiese Chiara non appena i suoi piedi toccarono il pavimento consumato della torre.

Plutone le salutò tristemente.

«E’ arrivata l’oscurità. La profezia dice che ci saranno tre giorni di buio, dobbiamo subito riaccendere il sole, prima che sia troppo tardi. Senza luce, nulla può vivere, ma non è l’unica cosa che dobbiamo temere…» indicò un punto imprecisato dell’enorme stanzone, come ad indicare che fuori stava davvero succedendo l’impossibile e ad avvalorare quella teoria, una scossa di terremoto che li fece tremare e gridare.

«Non salveremo la Terra con le chiacchiere. Presto, seguitemi!» Il professore con una candela tra le mani era giunto prontamente per portarli nella sala dei Magus. L’unico che non sembrava acquistare fiducia era Plutone, pessimista per natura.

Il Prof. Magus non perse tempo in convenevoli, tranne nel fare un sorriso di ringraziamento composto a Stella. Il gesto non sfuggì all’occhio attento di Chiara che finalmente, si pentì della sua costante sfiducia nei suoi confronti e l’abbracciò con affetto sincero. In quell’istante anche l’ultima ombra di Stella svanì insieme alla sua stessa diffidenza verso tutti. L’affetto che stava ricevendo aveva spazzato via l’ombra chiamata Delusione dalle sue spalle. Ora sentiva di poter amare, semplicemente, perché si sentiva amata e apprezzata a prescindere. L’abbraccio era il mezzo più usato in quella comitiva per dirsi grazie, per farsi coraggio, per dimostrare amore disinteressato.

Nella camera nascosta della biblioteca le pietre vennero riposte sui loro piedistalli. Quando furono l’una accanto all’altra anche il meteorite di Plutone, che appariva morto, iniziò poco alla volta ad illuminarsi.

Vi fu un urlo di ovazione quando tutte e tre le pietre si accesero infuocandosi.

«Il libro di luce!» gridò il Prof. Magus indicando un’immagine simile ad un libro aperto che si stava materializzando sulla parete.

«Avete ragione! Sembra il fenomeno esoterico che compare durante il solstizio d’estate, fatemi pensare bene…. Ah, ora ricordo… nella Sala dei Baroni del castello regale del Maschio Angioino a Napoli. Me lo avete fatto studiare molte volte, ora mi spiego il perché.» si affrettò a precisare Plutone.

Il Prof. Magus si avvicinò alla parete e sussurrò:

«Solo che qui, il libro non è tutto bianco.»

Stavano infatti comparendo alcune scritte. Svelta Chiara fece una foto per evitare che una volta svanito il fenomeno, perdessero anche la possibilità di comprenderne i simboli.

«E’ una scrittura ancestrale che si trova nel libro delle profezie dei Magus.» aggiunse sempre incantato da quel fenomeno, prima di sparire alla loro vista senza che nessuno avesse il tempo di accorgersene. L’astrologo chiamò a sé Plutone, mentre teneva tra le mani, con palese rispetto e reverenza, l’enorme libro dei Magus.

«Vediamo se qualcosa di ciò che ti ho insegnato ti è rimasto impresso e ci tornerà utile. Quando eri più piccolo hai imparato questo linguaggio antico. Se lo ricordi ancora sarà tutto molto più semplice. Sei stato un bravo alunno in questo campo, non mi deludere.»

Pluto era in forte difficoltà, quei simboli non erano facili, e non poteva tenere in mano la sua solita “pietra porta fortuna”, come faceva sempre durante i test più difficili, ma la vicinanza di Chiara e delle altre sorelle gli trasmise il coraggio necessario per tentare.

«Avvicinati alle pietre.» suggerì Chiara che aveva visto l’incertezza negli occhi di Plutone. «La loro forza aumenterà la tua capacità di ricordare.»

Notarono in quell’istante che il libro alla parete era scomparso. Il secondo giorno di buio stava per terminare e ancora non avevano decifrato il contenuto del libro di luce. Si sentivano ormai sul punto di arrendersi, quando Plutone finalmente fece tornare il sorriso.

«Ho capito! Non era difficile, bastava capirne il meccanismo. … Ora sì che possiamo farcela! Presto venite qui.» Cominciò ad impartire ordini. Mise le Sorelle intorno ai meteoriti formando un circolo. «Darò ad ognuna di voi una frase, imparatela a memoria, perchè dovrete ripeterla una dietro l’altra, senza fermarvi. Mi raccomando!» Si trattava della supplica necessaria ad accendere il potere dei meteoriti per riattivare la luce del sole.

Il Prof. Magus entrò disperato nella stanza.

«Sulla Terra sta scoppiando il finimondo. Se anche riusciamo a riaccendere il sole, dubito che i continenti saranno ancora così, come li conosciamo. Vulcani si sono riattivati quasi ovunque, tsunami stanno devastando le coste, mentre le pianure stanno sprofondando. Non ho più la forza di guardare.»

Le sorelle si presero per mano dopo aver ripassato la frase suggerita da Plutone. Una ad una ripeterono la supplica necessaria all’attivazione del Cristal Ignis.

«Che la Terra possa di nuovo vedere e sentire!» urlò Chiara.

«Che la Terra possa guarire!» fu il grido di Stella.

«Che la Terra possa di nuovo amare!» fu la supplica di Pola.

«Che la terra possa continuare a nutrirsi!» implorò Lucilla.

Si volsero tutte verso Marta e solo allora si resero conto che non poteva parlare. Un silenzio tombale di impadronì degli astanti. Tutta quella fatica sembrò improvvisamente inutile. Arrivare a quel punto e fermarsi per una frase… una semplice frase. Sembrava assurdo.

«Moriremo tutti!» disse Plutone accasciandosi a terra rassegnato, mentre il professore cominciò a parlare da solo domandandosi com’era potuto succedere o come non fosse stata prevista una soluzione.

In preda al panico Plutone provò a prendere il posto di Marta, ma Chiara lo fermò.

«No, non sei tu che la devi dire! Non è finita!» si rivolse poi a Marta con occhi supplichevoli «Ricorda il potere delle pietre Marta, tu stessa grazie ad una sola sei riuscita a trasportare da un capo all’altro del pianeta ben cinque persone e Leo. Ti chiediamo solo di credere ancora in te stessa e di pronunciare dopo di noi la tua frase.» Marta scuoteva il capo, come a far capire a tutti che quella era davvero una richiesta che non poteva esaudire. «Io, ho fiducia in te. Tutte noi ne abbiamo. Forza ragazze riproviamoci ancora.»

Di nuovo ripeterono il loro grido, mentre la torre non la smetteva più di oscillare sotto le continue scosse di terremoto che sembravano diventate inarrestabili. Non si fermarono di fronte ai vari tentativi, era l’unico modo che avevano per convincere Marta che a volte anche l’impossibile può diventare realtà. Lo fecero una volta, due, tre, alla quarta videro l’ultima prescelta aprire la bocca nel tentativo di pronunciare qualcosa, ma ancora non usciva una sillaba.

Iniziarono tutte a pregare in cuor loro mandando alla sorella muta un’unica forte supplica: coraggio. Alla quinta prova, Marta sentì che quelle voci arrivate tutte insieme direttamente al suo cuore stavano forzando lo sbarramento della sua stessa incredulità. Sentì di potercela fare, nonostante la sua mente continuasse a ripeterle che era impossibile. Alla fine qualcosa uscì.

«Che la luce… possa attraversare … tutta la TERRA!»

Quel grido accese maggiormente le tre pietre che in un unico grande circolo infuocato esplose verso l’alto scoperchiando il tetto. Le sorelle caddero sempre unite tra loro. Una forza incredibile le stava invadendo e il suo potere le riempiva. Un fuoco enorme espose con una violenza inaudita verso il sole, … riaccendendolo. La spinta di quel getto infuocato spostò nuovamente il pianeta Terra che riprese la sua orbita. Le acque immediatamente si ritirarono, i vulcani si spensero, le pianure smisero di sprofondare. I confini erano cambiati, ma il pianeta era salvo e ripulito.

I sopravvissuti sulla terra uscirono dai loro nascondigli con grida di gioia e di pianto. Alcuni pesci rimasti all’asciutto diventarono subito un ottimo cibo per coloro che non avevano più nulla. Insieme, gli uomini condivisero quanto rimasto senza più chiedere nulla in cambio. Avevano deciso di vivere pacificamente insieme, lavorando gli uni per gli altri senza vincoli di denaro o di sottomissioni. Chissà quanto sarebbe durato.

«E’ ora di tornare alle nostre famiglie, alle nostre case, se ancora ne abbiamo una.» disse Chiara alzandosi affaticata, ma felice come tutte le altre, tranne Stella. Era infatti, l’unica che non aveva nessuno ad attenderla e si sentì triste. Avevano assimilato un tale affiatamento che le loro menti erano connesse. Ogni sentimento era reciproco.

«Non preoccupatevi per me. E’ stato bello conoscervi, ma io sono una solitaria. Amo la mia foresta e non potrei vivere dove state voi, in mezzo alla confusione e a tutto il resto… Mi avete insegnato che non tutti gli uomini sono uguali e nemmeno le donne» aggiunse sorridendo.

Si abbracciarono ancora prima che una dopo l’altra, con l’aiuto di Marta, si riunissero ai loro familiari. Qualcuno di loro non c’era più, altri non sarebbero più stati gli stessi, ma il loro compito lo avevano svolto per il bene di tutti. Leo divenne il miglior compagno di Stella, che pur amando la solitudine, non disdegnava un amico silenzioso, ma tanto tanto affettuoso come lei.

Pluto si impegnò maggiormente nello studio delle stelle. Consapevole che il lavoro di astrologo era molto più serio di quanto immaginasse. Voleva il titolo di Magus come mai prima. Il professore, orgoglioso del suo operato non perse più ore di sonno pensando a cosa sarebbe successo nel momento in cui anche lui avrebbe raggiunto gli altri suoi antenati Magus. Aver partecipato attivamente a quell’evento tanto atteso lo aveva ripagato di tutti i sacrifici e le angosce del passato.

Le cinque sorelle del sole si dettero un appuntamento annuale nel quale si organizzarono per incontrarsi a rotazione da ognuna. Il loro legame divenne sempre più forte. In attesa di nuove avventure raccontarono la loro storia ai bambini, gli unici in grado di stimarle, apprezzando i loro straordinari poteri senza approfittarne.

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CRISTAL IGNIS

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

CRISTAL IGNIS

22° capitolo

Questa volta le giovani figlie del sole vennero accompagnate davanti ad una spaccatura posta ai piedi del vulcano, dove spuntoni di roccia ricordavano tanto i denti aguzzi di Leo. Chiara tirò fuori dalla borsa il meteorite dal cuore pulsante. Appena dentro, questo emise una luce sufficiente a mettere in evidenza dei graffiti sulle pareti.

S’incamminarono l’una dietro l’altra, mentre il fedele leopardo  procedeva davanti a tutte seguito da Pola. I disegni erano molto semplici. Iniziavano con un sole che sembrava esplodere rilasciando nell’aria dei frammenti luccicanti, cinque dei quali sembravano semplici fiammelle, uno soltanto aveva l’aspetto di un meteorite. Tutti diretti verso un pianeta che assomigliava tanto alla terra.

I graffiti proseguivano mostrando cinque figure di esseri differenti. Erano disegni simili a quelli che fanno i bambini, elementari nella forma, ma sufficientemente significativi.

Ognuna delle cinque persone  rappresentate aveva qualcosa di particolare. La prima era stata disegnata con occhi e orecchie molto grandi. La seconda aveva lunghissimi capelli che giungevano fino a terra. La terza indicava con la mano destra un petto abnorme. La quarta indicava con la mano sinistra un ventre dilatato. L’ultima aveva le gambe più lunghe di tutte le altre.

Si riconobbero in quelle figure, senza nemmeno parlarsi. Era evidente come ogni loro dono era in esse rappresentato. La prima dalle orecchie e occhi grandi era sicuramente Chiara. Quella dai lunghi capelli Stella. Quella che con la mano destra toccava il petto era Pola, che rendeva i cuori docili. Quella che con la mano sinistra indicava il ventre, ovviamente era Lucilla, mentre le lunghe gambe suggerivano il potere di Marta, di coprire lunghe distanze in poco tempo.

«Non so se lo avete notato, ma tutte e cinque queste figure formano un corpo unico. Come se un essere supremo abbia diviso i suoi poteri con ognuna di noi.» disse intuitivamente Lucilla.

Il corridoio sembrava ancora lungo e continuarono a procedere verso l’interno. Nel mentre, Chiara faceva delle foto ai disegni, nutrendo la sensazione che potessero tornar loro utili. Improvvisamente Leo fece un balzo in avanti e iniziò a ringhiare ferocemente, tanto che si videro costrette a fermarsi.

«Leo piantala! Vedi di farci passare.» intimò seccata Pola al suo cucciolone.

«Non ti ho mai chiesto se il tuo potere ha un tempo, perché in tal caso ho paura che sia finito.» chiese più che mai spaventata Lucilla.

«Con gli umani non ha mai avuto una scadenza, spero di non dovermi ricredere ora.» rispose Pola mentre coraggiosamente cercava di avvicinarsi all’animale, il quale per nulla intimorito continuava a mostrare i denti aguzzi.

«Aspettate un momento.» Chiara con la luce del cellulare cercò di accecare Leo e in quell’istante mostrò una voragine senza fondo. «Praticamente ci ha salvato la vita.» aggiunse indietreggiando.

«Non me n’ero accorta.» ripose di rimando Pola cercando di chiamare tra le sue braccia Leo ormai acquietato dalla loro consapevolezza.

«Accendete tutte la luce dei cellulari, se li avete ancora in carica, ho l’impressione che ciò che stiamo cercando sia proprio laggiù.» disse Chiara mostrando loro la direzione da seguire.

«Lo abbiamo trovato! E’ il Cristal Ignis!» dissero in coro Stella e Lucilla.

«Mi fa piacere che siate tanto entusiaste, ma come faremo a raggiungerlo? Vi ricordo che dobbiamo rimanere unite.» disse Chiara smorzando così ogni entusiasmo.

«Se guardate in alto vi è una luce… deve essere caduto qui provocando questa voragine lo stesso giorno in cui noi siamo state colpite dalle schegge di sole.» ci tenne a precisare Pola. «E il rumore che proviene da sotto deve essere il lago Surprise. Io credo che nemmeno gli aborigeni siano riusciti a raggiungerlo.»

«E come avrebbero potuto? Hanno capito dai graffiti che servivano persone “speciali” per poterlo raggiungere.» continuò Chiara «Senza immaginare che quelle persone sarebbero state donne. Io credo si aspettassero degli extra terrestri.»

Improvvisamente Pola lanciò un grido! «E’ pieno di insetti qui sotto…!!!» Subito gli strilli vennero imitati dalle altre che volti gli occhi e le luci verso il basso si trovarono circondate da scarafaggi. Stella iniziò a suonare l’mbila. L’idiofono fece retrocedere le blatte, che infastidite tornarono da dove erano venute. Marta suggerì di controllare le immagini fotografate per trovare una soluzione. Nel frattempo, Stella trovò un passaggio molto stretto lungo il muro che dava su quella specie di precipizio.

«Pensate di raggiungere la meta, camminando sul cornicione di questo burrone? Mi spiace ragazze, ma qui finisce la mia partecipazione. Io soffro di acrofobia, ho il terrore dell’altezza, mi vengono le vertigini. Spiacente ma io non vi seguo.» si espresse ferrea Lucilla.

Marta si propose di portare tutte dall’altra parte, ma il luogo era piuttosto buio e sbagliare di poco il bersaglio, poteva dire perdere la vita. Appariva molto pericoloso accettare quella sfida che metteva a rischio tutte loro. Stella continuò a spingere per quello che riteneva un tranquillo percorso vulcanico. Stavano per incamminarsi quando Chiara le fermò perentoria.

«Guardate questa immagine! Si tratta di un tranello. Se procediamo da questa parte finiremo per non riuscire più a proseguire ne a tornare indietro.  Finiremo molto più probabilmente dentro il lago e allora sì che sarà la fine.»

«Ovvio, tutti i luoghi del tesoro hanno una trappola.» suggerì Lucilla.

«Ne sei sicura?» Le chiese Stella che ancora ci teneva a mostrare il suo coraggio.

Chiara non le prestò attenzione e rivolgendosi a Marta le disse:

«L’unico modo per arrivare al Cristal Ignis, sei tu.»

Lucilla disse ad alta voce quello che Marta stava esprimendo a gesti.

«Ma non è sicuro te l’ho detto. Se sbaglio, anche solo di pochi passi potrebbe essere la morte. Lo spazio – visto da qua – sembra davvero limitato. Non voglio questa responsabilità. Non me lo perdonerei mai se dovesse succedere qualcosa.» dopo quella traduzione aggiunse il suo parere «In fondo non ha tutti i torti.»

«Vi ricordo che se non prendiamo la pietra, finisce il mondo. Quindi nessuno avrà la possibilità di prendersela con qualcun’altro, perché sarà la fine per tutti.» rispose Pola.

Stella intervenne con fermezza, con un semplice:

«Allora andiamo! E’ tardi!» che convinse Marta a prenderle per mano. Aveva la pietra al collo e si immaginavano tutte che Leo per una volta non avrebbe fatto capricci attendendole lì.

In un baleno furono sopra lo sperone di roccia. Solo Stella, a causa del pesante asciugamano che portava sulla testa, perse l’equilibrio e scivolò fuori dalla piattaforma. Per poco non trascinò giù anche Pola, che riuscì con l’aiuto di Lucilla a trattenerla e ad aiutarla a risalire. Si allungarono tutte per sollevarla e con non pochi spasmi e trepidazioni riuscirono per un attimo a sentirsi in salvo, fin quando sentirono Leo ringhiare. Era stato trasportato anche lui su quel piccolo ripiano immerso nel nulla insieme a loro.

«Non posso credere che stavi per farmi cadere nel vuoto, per portare anche quell’animale!» si accalorò Stella quando si rese conto che era stata l’unica a scivolare fuori dal basamento. Marta cercava di giustificarsi a gesti come meglio poteva, ma Stella si era sentita in profondo imbarazzo per quella goffa risalita. Si considerava una guerriera e fare brutta figura non le era gradito.

«Basta litigare. Abbiamo una missione da compiere. Marta porgimi l’altro meteorite che hai nella borsa.» tagliò corto Chiara.

Quando entrambi furono l’uno accanto all’altro iniziarono a pulsare all’unisono con vigore. La loro luce diventava sempre più simile, fino ad unirsi come si trattasse di un unico pezzo di roccia in grado di illuminare a giorno quel luogo tanto simile all’inferno.

A distrarli da quel miracolo ci pensò Leo che divenne nuovamente aggressivo. Voltandosi verso di lui non ci misero molto a comprenderne il motivo. Un animale enorme, simile ad un serpente si stava avvicinando, accerchiandole.

«E’ un’anaconda!» Urlò Stella «Dobbiamo andarcene subito!»

Un grido unanime si levò intorno al meteorite che non sembrava volersi staccare dalla pietra sulla quale era caduto. Stella fece leva con la lancia nel tentativo, purtroppo vano, di sollevarla. Di tanto in tanto doveva fermarsi per scacciare quell’enorme serpente che le minacciava, giocando come fa il gatto con il topo. Leo cercò di azzannarlo e quasi ci riuscì, ma la lotta era impari e il rischio di farsi mordere era costante. Stella cercò di afferrare il suo strumento per tentare di ipnotizzarlo con il suono, ma si accorse di averlo perso nel momento in cui stava per cadere. Si sentirono vinte e senza alcuna possibilità di fuga. Anche Marta terrorizzata non sarebbe riuscita a portarle fuori. Quando si faceva prendere dalla paura le era impossibile utilizzare il suo potere.

Lucilla ebbe come un’ispirazione e tirò fuori dal suo zaino delle manciate di riso da lanciare a quell’animale, mai visto prima, ma si sparpagliavano perdendosi nell’acqua senza dargli alcuna soddisfazione. Chiara suggerì di usare della carne. Lucilla non se lo fece ripetere due volte e si mise a lanciare dei bocconcini di carne. Il cambio di menù sembrò più appetitoso per l’anaconda, che cominciò a seguire i pezzi come un cane con il lancio dell’osso. Quando fu sufficientemente lontana anche il meteorite con l’aiuto della lancia di Stella fu sollevato e Marta fu in grado di prenderle tutte per mano e portarle fuori.

Gli aborigeni le stavano aspettando con delle torce in mano, perché l’oscurità aveva già avvolto l’Australia.

«Ci siete riuscite!» gridò il capo incredulo, notando che reggevano tra le mani la pietra fluorescente, senza il minimo danno.

«Le avevo detto che eravamo noi le prescelte.» si affrettò a rimarcare Chiara.

Pola stava piangendo. Si volsero per capirne il motivo e videro Leo tremante sdraiato su di un lato, moribondo. Su di una zampa si poteva notare benissimo il morso del serpente, non era profondo, ma il veleno di sicuro era penetrato nel corpo del leopardo e ora lo stava consumando. Stella si affrettò a legare con un cordoncino la zampa. Cercò di spremere fuori il veleno, dopo aver inciso la ferita e presa la polvere rimasta la sparse fino a far asciugare il sangue. Una volta richiuso il sacchetto con quanto rimasto lo consegnò al capo degli aborigeni, mentre Chiara traduceva le istruzioni di Stella:

«Create una pomata unendo questa polvere a dell’acqua. Spargetela sulla ferita almeno due volte al giorno, fin tanto che lo vedrete di nuovo in piedi.»

«Vi prego, salvatelo.» disse loro Pola continuando a tirare su con il naso e sfregandosi con le maniche gli occhi prima di rivolgersi a Leo «Noi dobbiamo andare o sarà stato tutto inutile. Appena sarà possibile torneremo a prenderti. Mi raccomando, fai il bravo anche con loro. Ce la farai, ne sono sicura, amico mio!»

Prima di andare via, Pola strinse forte a sé il suo tenero micione. Lei che aveva sempre temuto gli animali, ora si sentiva morire all’idea di lasciare il suo caro micione. Marta la rassicurò che una volta finito tutto, sarebbero tornate e si convinse a prendere per mano le altre per raggiungere il Monte Olimpo.

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UNA LUNGA ATTESA

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

UNA LUNGA ATTESA

21° capitolo

Il tempo stava per scadere e né Marta né Stella si vedevano. Chiara e le altre sorelle attendevano angosciosamente l’arrivo degli aborigeni, pronti ad allontanarle dal meteorite di fuoco, l’unico in grado di salvare la terra. A quel punto, tutte le fatiche di quel viaggio sarebbero state inutili.

«Cosa pensi sia successo?» chiese coraggiosamente Pola a Chiara. «E non dirmi che è tutta colpa di Stella! Accusi sempre lei di ogni difficoltà!»

«Forse perché quando c’è di mezzo lei succedono sempre cose strane? Si perdono le persone, non si sa che fine fanno o accadono incidenti.» rispose Chiara che evidentemente a causa di quell’ombra – che solo lei vedeva – ancora non riusciva a fidarsi.

«Io non so bene cosa sia successo tra voi prima, ma so che se non avessi visto il vostro affiatamento, non vi avrei seguito.» disse timidamente Lucilla. «Se non siamo unite, non riusciremo a compiere il nostro destino. Siete state voi a spiegarmelo. Qualcosa di terribile sta per accadere lo sentiamo tutte. Darci la colpa l’un l’altra non ci aiuterà.»

«Ben detto Lucilla. Quando non siamo insieme, anch’io mi sento così vulnerabile…» disse Pola stringendosi ancora di più alle altre. Convennero tutte che solo insieme si sentivano protette e tutte pregarono – a modo loro – affinché tornassero presto Marta e Stella.

Grazie a Lucilla non soffrivano la fame. Con poche vivande dentro una piccola borsetta che aveva portato con sé, riusciva a sfamarsi tutte. Il suo dono era davvero provvidenziale in quel posto dove non c’erano ristoranti o bar, per rifocillarsi.

Quella notte si strinsero l’un l’altra, mentre rumori sconosciuti le facevano tremare più del freddo pungente. Il fuoco crepitava davanti all’entrata della tenda, mentre Leo oltre a riscaldarle avrebbe dovuto proteggerle da eventuali predatori. Il non avere con loro la pietra di sole, le faceva sentire particolarmente indifese. Senza proferire parola, tutte e tre gridarono nel loro cuore alla luna: Tornate presto sorelline!

Il pomeriggio seguente si trovarono davanti gli aborigeni più seri e determinati del giorno innanzi. Quando quegli uomini si accorsero che non vi erano altri nell’accampamento di nuovo intimarono loro di andarsene.

«Il tempo è scaduto e le vostre amiche non sono tornate. Prendete le vostre cose e andatevene. Questo è il nostro territorio. Abbiamo fatto un patto, ora vi chiediamo di rispettarlo. Non potete rimanere oltre in questa terra. E che… il vostro Dio vi protegga.»

«Vi prego, credeteci. Le nostre sorelle dovevano già essere qui. Non sappiamo cosa sia loro accaduto, dateci solo un altro giorno…» supplicò Chiara.

«E con quale mezzo sarebbero dovute arrivare? Al momento siamo tutti isolati. Il campo magnetico del sole ha invaso la Terra e tra poco ci saranno cataclismi e terremoti inimmaginabili… la fine del mondo è realmente vicina. Dobbiamo trovare i veri prescelti, per fermare tutto questo. Non possiamo perdere altro tempo con voi.»

«Come possiamo farvi capire che siamo noi quelli che state aspettando. Vi assicuro che Marta – la nostra amica – non ha bisogno di volare con un aereo, né di prendere un qualsiasi altro mezzo. So che è difficile da credere, ma tutte noi abbiamo dei poteri particolari.»

«Attenta Chiara non puoi dir loro tutto.» si affrettò ad intromettersi Pola.

«Ha ragione.» convenne Lucilla «Così ci metti nei guai.»

«E’ l’unico modo che abbiamo. Sono i custodi del Cristal Ignis, lo hanno fatto capire chiaramente. Non è così?» disse loro Chiara.

«Noi attendiamo cinque uomini. Voi siete tre donne… con un leopardo.» precisò il capo aborigeno.

«Avete ragione, ma se non attendete che arrivino le altre, come potremo convincervi che siamo noi?» insistette Chiara.

«E va bene. Sappiamo che ogni prescelto ha un dono. Mostrateci i vostri e vi crederemo.» suggerì il capo.

La cosa più semplice del mondo, sembrava essere diventata improvvisamente complicatissima. Chiara non avrebbe mai saputo come spiegare il suo dono, tantomeno quello di Pola. Il più immediato da comprendere era il dono di Lucilla e la invitò a mostrare a quegli uomini quanto era in grado di fare. Purtroppo ella, memore di ciò che le aveva procurato mettere in evidenza il suo potere, non riuscì ad accontentarla.

La pazienza degli aborigeni stava per esaurirsi quando all’improvviso, comparvero davanti a loro Marta e Stella. Videro tutti quel prodigio e nel momento in cui Marta tirò fuori il meteorite pulsante dalla borsa, gli aborigeni chinarono il capo in segno di riverenza.

«Ora sappiamo che siete voi le persone che stavamo aspettando. Presto venite! Il tempo a nostra disposizione è assai breve.»

«Per quale motivo avete atteso così tanto a tornare e perché non è con voi Plutone? E… cosa ti sei messa in testa?» chiese Chiara a Stella, indicando l’asciugamano.

«Vi spiegherò strada facendo.» le rispose con la serietà, che non l’aveva mai abbandonata, Stella.

Mentre gli aborigeni procedevano spediti le cinque sorelle faticavano a stare al passo, impegnate ad ascoltare il racconto di Stella, che veniva intervallato dalle silenziose precisazioni di Marta. Plutone aveva ben illustrato ad entrambe le conseguenze che quel campo magnetico avrebbe provocato all’asse terrestre e le inevitabili implicazioni geologiche, metereologiche e telluriche.

Molto probabilmente, non vi erano più giorni, ma ore, prima dell’arrivo del grande buio.   

 

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CAMPO MAGNETICO

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

CAMPO MAGNETICO

20° capitolo

Quando Marta e Stella giunsero alla Torre dell’IRAM il silenzio era spettrale. Marta si diresse verso la camera del vecchio astrologo e trovò Pluto addormentato sul bordo del letto con ancora il volto bagnato dalle lacrime. Il malato giaceva inerme con la bocca semi aperta in una posa che fece pensare loro di essere giunte troppo tardi. 

Improvvisamente però, Plutone si destò spaventato. 

«Che ci fate qui? Chi è?» disse indicando spaventato Stella. 

Marta cercò di spiegarsi come meglio poteva, che quella era la prescelta africana e che aveva un rimedio che forse poteva guarire il Prof. Magus. Plutone era molto scettico. Guardava quella figura di donna androgina con grande timore, ma allo stesso tempo il volto del suo vecchio insegnante era così sofferente che si rese conto, che ogni tentativo – anche il più assurdo – doveva essere compiuto, perché non vedeva più alcuna possibilità di salvezza per lui. 

Stella tirò fuori da un piccolo sacchettino di tela grezza della polvere scura. Chiese un bicchiere d’acqua e provarono insieme a farla bere poco per volta al malato, ma non riusciva a deglutire. Le cose si stavano complicando. Se non ingoiava la medicina, come potevano pensare di salvarlo? 

Non capendo il linguaggio di Stella, Marta doveva tradurre a Plutone ogni cosa, con il linguaggio dei segni. Divenne una comunicazione piuttosto ingarbugliata, ma alla fine si resero conto che dovevano capire innanzitutto quale fosse il male che aveva reso moribondo l’astrologo. 

«Non so quale sia la sua malattia. Non voleva dirmi niente per paura che mi preoccupassi. L’ho trovato così quando qualche giorno fa mi hai portato qui.» rispose Plutone continuando preoccupato ad osservare prima l’una poi l’altra, per capire meglio. «Vuole visitarlo? Non mi sembra una dottoressa, ma se pensi che possa fare qualcosa… Non sarebbe stato meglio portarmi un dottore? Ok, ok non dirò altro. E’ tanto grave che peggio di così non può stare.» 

Stella gli sentì la fronte. Era particolarmente calda e sudata. La febbre doveva essere molto alta. Lo scoprì. Plutone voleva fermarla, ma Marta lo trattenne. Cominciò a passare le sue mani ad un centimetro dal corpo del professore fino a fermarsi sui polmoni. 

«Il male è in quel punto? E allora come si fa?» domandò Plutone spaesato da quella comunicazione framezzata da gesti, che dovevano tradurre una lingua a lui sconosciuta. 

«Volete provare ad inalare la polvere dal naso? Oh no, no, no! Ma siete matte! Lo volete uccidere prima del tempo? Non ci penso nemmeno a lasciarvelo fare. Tu poi chi sei? Non ti conosco. Come faccio a sapere che sei davvero la prescelta. Non si è saputo niente di te. Come avete fatto a trovarla? E lo stregone 

Plutone sembrava impazzito. Dopo tutto, quel vecchio era stato come un caro nonno per tutti quegli anni e faticava a fidarsi di quelle che per lui erano solo sconosciute. La febbre del professore però, gli diede degli attacchi epilettici che lo spaventarono oltremodo e mentre Marta lo allontanava, Stella con energia gli soffiò nelle narici la polvere risanatrice. 

Plutone si chinò a terra. Era stremato. Non aveva dormito che poche ore in quei giorni e davvero non ce la faceva più a tenersi in piedi. Lo mandarono nella sua stanza a riposare, mentre loro si alternarono a controllare il professore. 

La notte fu così impegnativa che né Marta, né Stella, ebbero il tempo di pensare alle altre sorelle rimaste in Australia ad aspettarle. Solo il giorno seguente, quando la febbre abbandonò definitivamente il Prof. Magus, poterono fargli bere la pozione precedentemente preparata. La cura sembrò dare effetti positivi quasi immediati. Il paziente si riprendeva velocemente e si resero conto che non avevano ancora comunicato con le altre. Marta prese in mano il cellulare per mandare loro un messaggio, ma qualcosa non funzionava. Allarmata bussò alla camera di Plutone.  

«Avanti! Ciao Marta! Finalmente ho potuto fare una bella dormita. Mi ci voleva proprio. Come sta il Prof. Magus? La cura ha funzionato?». Lo chiese concitato, ma senza grandi speranze, mentre Marta lo invitava a seguirla.  

Quando vide il vecchio dormire sereno gli vennero le lacrime agli occhi. Non poteva crederci. Continuava a sentirgli la febbre per paura che si trattasse solo di un sogno.  

«La medicina ha funzionato. Grazie Stella e scusa se non mi sono fidato di te. Perdonami.» piangeva di gioia mentre abbracciava Stella che in quell’istante si sentì in forte imbarazzo. Nella sua vita non era stata abituata a quelle espressioni di affetto gratuito. 

Quando fu in grado di guardare Marta, si rese conto che si stava sbracciando per fargli capire che c’era un problema con il cellulare. Si recò sulla torre e provò ad utilizzare la radio del centro ricerche, ma anche quella era fuori uso. Ogni impianto elettrico era bloccato. La causa sembrava essere un campo magnetico che ostacolava ogni tipo di comunicazione.  

«Il campo magnetico generato all’interno del sole si sta riversando sulla superficie terrestre! Questo causa le aurore polari, ma anche le interferenze e le interruzioni delle comunicazioni radio e della potenza elettrica! Ammetto però di non aver mai visto nulla di così potente! Credo stia coinvolgendo tutta la terra!»  

Marta guardò preoccupata Stella e le fece capire che i suoi capelli avevano iniziato a crescere rapidamente formando una specie di rovo riccio sulla testa.  

«Presto! Trova un paio di forbici e un asciugamano bagnato.» Le disse Stella.

Era la prima volta che Marta vedeva Stella così angustiata e fece in fretta a compiere tutto quello che le stava chiedendo. I capelli tagliati li tennero da parte per poter creare altra polvere. 

Nel frattempo, Plutone controllando i calcoli del professore si rese conto che anche quel campo magnetico era già stato previsto. 

«Lo sapeva che sarebbe successo!» gridò alle sorelle più che mai spaventato. 

Marta e Stella erano incerte, erano arrivate lì per avere maggiori informazioni e purtroppo Plutone non sembrava la persona in grado di illuminarle, mentre il professore era ancora troppo debole. Nel frattempo quel maldestro e confuso aiutante  spostava le carte stellari e gli appunti del suo insegnante in modo disordinato senza ottenere alcun risultato, fin tanto che non trovò un problema ancora maggiore.  

«Oh mio Dio! Oh mio Dio! Venite qui al telescopio!» le chiamò concitato «L’asse terrestre si è spostato e secondo questi calcoli, continuerà a spostarsi velocemente. Questo causerà cataclismi inimmaginabili su tutta la Terra. Dobbiamo svegliare il Prof. Magus! Deve dirci come procedere. Non sono in grado di fare il suo lavoro, non so come muovermi nel suo studio. Sono stato qui tanti anni, ma non so nemmeno da che parte incominciare.» si diceva piagnucolando e passando da un lato all’altro della stanza come una formichina impazzita. 

Stella, vista la situazione si recò nella camera del Prof. Magus. Alzandogli la testa cercò di svegliarlo, ma ancora non riprendeva conoscenza. Marta cercava di poter essere di aiuto a Plutone che le chiedeva una mappa piuttosto che una matita, ma ogni gesto sembrava inutile. Ogni frase assurda. L’unica cosa certa, era che non sapevano davvero quale sarebbe stato il loro destino e soprattutto quello della Terra.    

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IL LAGO SURPRISE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

IL LAGO SURPRISE

19° capitolo

Dopo aver trascorso la notte a casa di Lucilla si ritrovarono più in forze e fiduciose, per affrontare l’ultima tappa del loro viaggio: l’Australia.     

«Sentite cosa dice questo articolo trovato dentro la borsa di Plutone: 

Una leggenda narra che all’inizio dei tempi quattro giganti popolavano la terra che ora chiamiamo Australia. Uno di questi si fermò nelle terre dei Gunditjmara. Il suo piede creò un vulcano che chiamarono Budj Bim, ovvero “alta testa” nella lingua aborigena. La lava di questo vulcano eruttata dalla sua bocca costituiva i denti del gigante. Questa storia che ha dell’inverosimile unisce alla leggenda alcune significative scoperte geologiche ed archeologiche. Potrebbe essere una delle storie più remote tramandate fino ad oggi, perché i Gunditjmara popolano realmente queste terre da quasi 40 mila anni. Un racconto più antico di Omero che lascia aperti molti interrogativi.  

Le ragazze che si trovavano proprio in cima al Budj Bim, iniziarono a guardarsi intorno stupite e affascinate.

Marta si affrettò a chiedere se erano sicure che quel vulcano fosse inattivo. 

«Visto che siamo a Macarthur, nel sud-ovest dello stato di Victoria, questo vulcano dovrebbe essere spento, almeno secondo quanto dice Wikipedia. Ragazze, siamo nel posto giusto. » disse Pola che iniziò a leggere ad alta voce dal suo telefonino «La vetta di forma approssimativamente conica è alta 178 metri. Il cratere vulcanico spento contiene al suo interno il lago Surprise» 

«Devo ammettere che trovare un lago è stata una sorpresa anche per noi.» ironizzò Chiara «Ora come lo troviamo il Cristal Ignis? Se è finito qui sotto, l’unica cosa che possiamo fare è noleggiare una barca e vedere dove si accende il nostro meteorite, per poi immergerci.»  

«Non guardate me.» Si affrettò a precisare Pola, mentre Marta affermava in tutta onestà di non saper nemmeno galleggiare. 

«Il mio è l’unico paese del sud est asiatico ad essere completamente circondato da altri stati, non ho il mare e non ho fatto pratica nelle cascate di Khone Papeng.» precisò Lucilla mentre si affrettava a rimettere a posto le carte che aveva trovato nella sacca di Plutone. 

Stella, dopo aver fatto un passo avanti si offrì volontaria e quasi stava per tuffarsi, quando fu trattenuta da Pola.  

«Aspetta. Non basta che ti tuffi tu. Plutone ha sempre detto che serviamo tutte per prenderlo.»  

Stella

«Stai diventando peggio di lui. Non fai che ripetere quella frase. E’ evidente che abbiamo bisogno di più informazioni. Ci serve Pluto. Marta, puoi portarlo qui?» chiese Chiara. 

Marta ricordò a tutte che il Prof. Magus era molto malato e non era il caso di lasciarlo solo.  

«Il Prof. Magus malato? Forse io posso aiutarlo.» si affrettò a dire Stella.  

«Ma guarda che strano. Sembra che tu abbia sempre la soluzione per ogni cosa.» l’appostrofò Chiara dando l’idea di essere in competizione con lei. 

«Smettetela di bisticciare. »  Le rimproverò Pola prima di chiedere maggiori spiegazioni. «Perché pensi che potresti essergli utile?» 

 «Il mio fidanzato aveva scoperto che i miei capelli avevano il potere di guarire. Senza dirmi niente, aveva creato una polvere in grado di sanare da molte malattie. Peccato che si faceva pagare ingenti cifre di denaro per elargirla. Io ho trovato quella polvere tra le sue cose e ho pensato che poteva un giorno tornarmi utile. Potrebbe essere l’occasione giusta per vedere se funziona.» 

«E’ per questo che è successo…» Pola non finì la frase per paura di mettere in imbarazzo chi ancora non conosceva quella storia e Stella per non sentirsi a disagio davanti a quegli sguardi indagatori, aveva volto loro le spalle rivolgendosi verso il lago.  

«Quando ho scoperto i subdoli ricatti di quell’uomo, la collera ha fatto crescere i miei capelli senza che riuscissi a controllarli ed è morto nel sonno.» ricordò Stella. 

«Hai già ammesso di esserti pentita, che non avresti voluto farlo, non parliamone più.» disse risoluta Chiara mordendosi un labbro per quel continuo atteggiamento ostile che non sembrava in grado di controllare quando parlava a Stella. «Che ne dici Marta,  di portare Stella sull’Olimpo? Così vediamo se con l’aiuto di Plutone e del Prof. Magus riusciamo a capire come recuperare il Cristal Ignis.»  

Si organizzarono con un piccolo accampamento. Lucilla che aveva il compito di occuparsi delle provviste dette loro qualcosa da mangiare prima di vedere Marta e Stella scomparire nel nulla. Anche Leo si allontanò in cerca di cibo, ma non tornò solo. Alcuni aborigeni lo accompagnavano. 

Chiara fu la prima a farsi avanti. Cercò di parlare loro con un inglese affettato, per paura che non capissero la lingua, ma questi – quasi offesi – le fecero presente che avevano studiato in un’importante università americana. Nonostante il loro abbigliamento fosse alquanto folkloristico, erano assai spigliati. A quel punto, per recuperare la gaffe, cercò di spiegare come mai si trovavano in quel luogo, con la speranza di essere aiutate nel ritrovamento.

Erano ormai passati venticinque anni dalla caduta del meteorite, ma una cosa del genere non doveva essere difficile ricordarla. Gli autoctoni ascoltarono la loro storia senza battere ciglio. Non riuscivano a capire se il loro atteggiamento era dovuto a scetticismo, o se al contrario conoscevano bene quella profezia, tanto da non aver bisogno delle loro spiegazioni. 

«Siete solo in tre?» chiese quello che sembrava il capo. 

«Per la verità, siamo in cinque.» disse tutto d’un fiato Pola. 

«Le altre nostre due amiche sono andate a salvare il Prof. Magus sul monte Olimpo, ma saranno qui a breve. Le stiamo appunto aspettando.» A Chiara la risposta era uscita senza nemmeno riflettere. Forse per la soggezione che provava di fronte a quelle persone, si sentiva particolarmente a disagio e non riusciva a controllare la sua loquacità. Si accorse subito di aver dato fin troppe spiegazioni, ma non poteva tornare indietro. Anche capire quello che passava per la testa di quegli uomini le era molto e stranamente difficile. Vennero invitate a seguirli. Non avrebbero voluto lasciare l’accampamento, ma non potevano certo rifiutarsi davanti a quell’atteggiamento risoluto. 

Dopo circa un’ora di cammino si trovarono di fronte un’apertura nella roccia. Il capo degli aborigeni indicò l’entrata. Chiara che sembrava la più coraggiosa si fece avanti, ma era talmente buio che subito uscì. Anche il cellulare non sembrava essere sufficiente per andare avanti in sicurezza.  

«Voi non siete chi dite di essere.» le accusò il capo degli aborigeni e fece per andarsene. 

«Aspetta, perché dici questo?» Gli corse incontro Pola, cercando di trattenerlo per un braccio. L’uomo non reagì al tocco di Pola e un’occhiataccia le fece lasciare subito la presa.  

«Da anni il mio popolo attende cinque persone designate a riportare la luce sulla Terra. Non potete essere voi, se non siete nemmeno in grado di crearla per vedere cosa vi sia lì dentro.» 

«Ha ragione a dubitare, ma appena torneranno le altre nostre due sorelle con la pietra che pulsa, scoprirete che non vi abbiamo mentito.» si affrettò a dire Chiara. 

L’uomo si confrontò con gli altri aborigeni. Parlarono qualche minuto nella loro lingua, per poi lasciarle con un ultimatum. 

«Vi daremo due giorni di tempo. Se arriveranno, entro dopodomani, vi condurremo dalla pietra. Ne siamo i custodi e non la metteremo nelle mani di nessuno che non sia stato prescelto per questo compito. La profezia di questo luogo non è stata svelata interamente. Noi siamo i custodi dei misteri di questa valle e tutto quello che ne consegue è nostra responsabilità.» 

«Manderemo loro un messaggio e saranno qui anche prima, vedrete. Grazie infinite per la vostra disponibilità.» si affrettò a ringraziare Chiara seguita dalle altre. 

Gli uomini rimasero imperturbabili continuando a seguirle con gli occhi ritornare sui loro passi, verso l’accampamento. La situazione era piuttosto angosciante. Chiara cercò di contattare le sorelle, ma si rese conto che non c’era campo. Il telefono non funzionava più. Provò anche Pola, ed ebbe lo stesso risultato. Non vi era alcuna possibilità di mettersi in contatto con il monte Olimpo né con i suoi ospiti.  

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CASE SUGLI ALBERI

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

CASE SUGLI ALBERI

18° capitolo

Marta, gesticolando fece capire che si era fatto tardi e dovevano mettersi in viaggio il prima possibile per trovare l’ultima prescelta. Si misero in circolo. Il leopardo si intrufolò tra le loro gambe mettendosi al centro.

«Leo, non possiamo portati con noi, bisogna che vai nella foresta.» Gli ordinò Pola, con il dito puntato, ma l’animale ormai addomesticato non voleva smetterla di leccarla e farle moine. Accoccolato ai suoi piedi nessuno sarebbe stato in grado di spostarlo.

Marta suggerì di non pensare a lui. Si concentrò sulle carte che aveva trovato nella sacca di Plutone e in particolare sull’immagine della chef Lucilla nel suo ristorante a Pak Mong. In pochi minuti riuscì a portare tutti ai margini di una foresta, che non sembrava più la precedente, ma nemmeno un ristorante.

«Ma dove siamo? Non mi sembra il luogo della fotografia. Sei sicura Marta, che sia la Repubblica Popolare Democratica del Laos?» domandò Chiara.

Marta controllando sul suo telefonino la loro posizione, le mostrò con soddisfazione dei calcoli più che corretti.

Nel frattempo Pola stava cercando di sostenere il suo gattone che come ubriaco barcollava da una parte all’altra. Aveva probabilmente guardato con troppa intensità quei circoli luminosi che apparivano durante il loro strano viaggio.

«Non dovevi starmi tanto attaccata. Ora come faremo a portarti indietro?» Pola continuava a rimproverare il suo cucciolone, poi rivolta verso le altre «Dobbiamo trovare il modo di nasconderlo da qualche parte. Non vorrei che qualcuno spaventato potesse fargli del male. Non possiamo portarlo con noi in città.»

«Posso rimanere io con te.» le disse Stella «Me ne intendo di animali e tra gli alberi mi sento più a mio agio che tra le persone. Posso proteggere te e lui.» Leo, infatti non sembrava voler lasciare Pola.

«Non vedo altra soluzione, ma non vi allontanate per nessun motivo. Torneremo il prima possibile.» Chiara proprio non ce la faceva a dare fiducia alla sorella africana e lo si vedeva dallo sguardo torvo con cui le trasmetteva ogni sua perplessità.

Al contrario Stella non voleva dare alla sorella argentina la soddisfazione di sentirsi il capo di quella spedizione e non appena le due figure in movimento scomparvero suggerì di nascondersi.

«Siamo troppo in vista qui. Andiamo dietro quegli alberi.»

«Ma Chiara ha detto… » non fece nemmeno in tempo a finire la frase che, preoccupata per essere rimasta sola si affrettò a seguirla.

Alcuni rumori inaspettati misero in allarme le ragazze. Stella coprì con una mano la bocca di Pola, per zittirla. Nello stesso istante Leo corse via come fosse stato punto da un insetto. Stella trattenne la sorella canadese fin quando non si sentì più nulla.

«Perché mi hai bloccato? Ora come lo recuperiamo? E se gli succede qualcosa?» domandò quasi in preda al panico Pola.

«Stavano passando delle persone e non potevamo rischiare di farci scoprire. Leo è sempre tornato da solo. Forse anche lui ha fame.» e le allungò alcune radici secche. Pola non capì bene dove le stava conservando e arricciando il naso, nonostante la fame fosse piuttosto evidente, rifiutò quella gentilezza tenendosi ben stretta una mano sullo stomaco. Non dovettero attendere molto che sentirono il fogliame diradarsi e il volto soddisfatto di Leo riapparve per le solite leccatine di rito.

«Sei un vero birbante! Hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare? Poteva succederti qualcosa. Non devi più andartene in giro da solo fin tanto che non te ne diamo noi l’autorizzazione. Ora non sei più a casa tua.» disse all’animale con tono severo fermandosi poi ad ascoltare un brontolio più forte. «Il tuo stomaco è più rumoroso del mio…» disse Pola rivolta a Leo.

Stella continuava a guardare in lontananza senza prestarle la minima attenzione.

«Anche le altre avranno fame, ma probabilmente mangeranno prima di noi al ristorante di Lucilla. E’ tutta colpa tua Leo. Speriamo si ricordino di noi. Pluto ha detto che Lucilla non si è mai rifiutata di dare da mangiare agli affamati… e più affamati di noi… da queste parti, non ne vedo. Avrà sicuramente compassione. Speriamo solo si tratti della persona giusta, perché se non è lei, la nostra ricerca finisce qui. Tu credi davvero che… una che fa da mangiare possa avere qualcosa a che vedere con noi? Insomma, a me sembra molto strano…»

Fu zittita improvvisamente da un’occhiataccia di Stella che si era già stancata di sentir parlare. Non era abituata a tutte quelle chiacchiere. Pola vedendo che la sua loquacità non era gradita, si mise tranquilla a seguire la compagna senza più proferire parola, anche se mentalmente continuava a porsi mille domande. Fin quando si accorse di essere sola.

«Ma che fine ha fatto…? Stella dove sei?» Si disse Pola guardandosi intorno preoccupata.

In quel medesimo istante risuonò un colpo di fucile nell’aria. Pola riuscì a stringersi a Leo. Mentre un rumore di lotta e altri colpi di fucile vennero sparati da un imprecisato posto poco lontano da loro.

 

Chiara e Marta potevano sentire distintamente il rumore delle loro pance vuote. Forse per non pensare troppo alla fame cominciarono a scambiarsi confidenze. Marta espresse tutti i suoi dubbi sulle doti dell’ultima prescelta.  

«Anch’io sono perplessa. Penso che capiremo il suo ruolo solo una volta che parliamo con lei. Siamo arrivati. Vediamo di trovare qualcuno in grado di indirizzarci verso la sua abitazione.» disse Chiara.

Marta assentì con il capo. Fortunatamente trovarono persone in grado di parlare francese. La casa di Lucilla era posta sopra il ristorante già pieno di clienti. Si sedettero ad un tavolo e quando i loro occhi incontrarono quelli dell’ultima prescelta, di nuovo il meteorite solare si illuminò a tal punto da diventare incandescente. Con uno sguardo reciproco compresero che le informazioni ricevute erano corrette.

«Plutone aveva ragione. Guarda la roccia. E’ di certo lei l’ultima sorella.»

Anche Lucilla fu attratta da quel bagliore e avvicinatasi sentì che doveva parlare con loro. Le spiegarono la gravità della situazione e la necessità di essere unite nella ricerca del Cristal Ignis “prima che il buio inghiotta la Terra per sempre.” Queste le fatali parole che ormai risuonavano nella mente di ognuna di loro.

«Tutto quello che mi avete raccontato è molto interessante e meravigliosamente incredibile, ma io non riesco a capire a cosa posso esservi utile.» replicò perplessa Lucilla.

Si guardarono negli occhi in cerca di risposte, ma nessuna di loro aveva idea dell’utilità di quel dono, però era ovvio che se servivano tutte e cinque non potevano presentarsi al prof. Magus in quattro. Quando Lucilla sentì i loro stomaci borbottare per la fame, sorrise e portò quanto di meglio aveva in cucina.

«Sembra che le vostre pance abbiamo un’urgenza maggiore rispetto a quella di salvare il mondo. Facciamo che vi porto qualcosa dalla cucina e magari, incarto alcune pietanze anche per le vostre amiche. Per quanto riguarda il resto …»

Tornò pochi minuti dopo con un vassoio esageratamente pieno gustosissimi piatti mai visti prima.

Si sentirono un poco in colpa per non essere con le altre a condividere, ma la fame era tanta che non ci misero molto a terminare tutto e già altre vivande erano state preparate e impacchettate per essere condivise. Lucilla si rabbuiò solo quando venne loro spiegato dove si erano fermate le altre ragazze.

«Di certo non potevate saperlo ma quella è una zona piuttosto pericolosa. Il nostro paese è il più bombardato del mondo. Pensate che durante la guerra in Vietnam vennero sganciate più di due miliardi di tonnellate di esplosivo e buona parte è ancora inesploso. Quella è una delle zone a rischio. Non mi sento sicura a lasciarvi andare sole. Verrò con voi, ma appena vi sarete ritrovate io vi lascerò. Ho molto da fare qui e non penso proprio che la mia presenza possa fare la differenza. Mi spiace.»

Marta le prese entrambe per mano e le trasportò ai margini della foresta, dove avevano lasciato le altre. Lucilla rimase senza parole, non si spiegava quello spostamento, non riusciva a credere ai suoi occhi, ma Chiara la tranquillizzò.  

«Come vedi quello che ti abbiamo detto è tutto vero. Nemmeno Marta immaginava che questo suo potere potesse avere uno scopo tanto importante, eppure è così. Tutte noi siamo necessarie anche se ci sembra assurdo.» poi guardandosi intorno «Ma dove sono finite Pola e Stella? E’ impossibile che se ne siano andate. E’ certamente colpa di Stella. Dobbiamo trovarle al più presto, sono sicuramente in pericolo e non hanno nemmeno idea di quanto.»

«Venite con me seguendo i miei passi. Mi raccomando.» Lucilla si mise davanti a loro per aprire il cammino, poi voltandosi ebbe come un’illuminazione. «Forse, so dove possiamo trovarle. Ci sono persone che vivono qui vicino dentro a delle case sugli alberi. E’ un luogo turistico poco frequentato in questa zona, per ovvi motivi, ma è l’unica cosa che mi viene in mente.»

«Non sono qui in visita turistica, ma se dici che potrebbero essere sugli alberi – per quanto mi sembra strano – ci fidiamo di te.» le rispose Chiara.

Iniziarono a farsi strada a fatica tra la fitta vegetazione, rimanendo solo qualche passo indietro. Chiara continuava a borbottare che di sicuro la colpa era dell’”africana”,  non volendola quasi riconoscere come una di loro, tanto che alla fine Marta stanca, la fermò e le fece capire chiaramente che se non si fosse dimostrata più aperta, Lucilla non si sarebbe mai unita a loro. Era stato l’affetto e l’amicizia che aveva dimostrato con Pola a convincerla che quella era la scelta giusta. Continuare a parlare in quel modo di Stella, avrebbe solo reso più scettica l’ultima sorella. Quella ramanzina le fece comprendere che stava sbagliando approccio e che le obbiezioni di Marta erano più che giustificate, anche se in cuor suo continuava a provare inquietudine.

«Hai ragione Marta. Ti chiedo scusa. Ma continuo a pensare che non ci abbia detto tutto.»

Marta l’abbracciò proprio mentre Lucilla le invitava a raggiungerle perché aveva trovato il posto di cui aveva parlato poco prima. In cima a degli alberi altissimi vi erano delle vere e proprie casette di legno. Rimasero a bocca aperta con i nasi per aria, come si trattasse di un paesaggio incantato. Vedendo la loro meraviglia Lucilla disse:

«Non sapevate che nel mio paese vi sono le case sugli alberi più alte del mondo? Ora però lasciate che vada avanti io, perché questo – come vi ho detto – non è un luogo turistico, come tanti altri. Qui le persone amano la loro solitudine. Meglio che vada a sincerarmi di persona se hanno visto le vostre amiche… e un leopardo, se non ho capito male.»

Non attese risposta. Con un cipiglio strano sul viso, come non credesse molto alla storia dell’animale addomesticato, si diresse al villaggio. La videro tornare dopo pochi minuti con un’aria assente. Faticava a parlare e Chiara preoccupata, iniziò a farle domande.

«Tranquille ragazze, le ho trovate. Solo… sono meravigliata di … ma venite a vedere voi stesse.»

La seguirono ai piedi di quegli alberi che mettevano davvero paura, tanto erano alti. Incontrarono persone che sembravano uscite da un libro di fiabe, vestite con abiti pittoreschi.

«Non abbiate paura, non sono pericolosi, almeno non lo sono più. Guardate dove si trovano le vostre amiche.» Lucilla indicò un angolo del loro accampamento, dove Leo stava amabilmente giocando con alcune bambine, mentre Stella e Pola si stavano finendo un piatto di riso condito con verdure. Sedevano ridendo e scherzando a gesti, poiché quel popolo evidentemente non conosceva la loro lingua.

«Non ho mai visto questa gente comportarsi così. Credetemi. Sono sempre stati piuttosto ostili, anche con noi che viviamo a poca distanza da loro.» disse Lucilla, mentre gli presentò una specie di capo villaggio che aveva avuto modo di conoscere tanti anni prima, quando a causa di una carestia si erano avvicinati al paese e avevano anch’essi approfittato della sua generosità, per rifocillarsi.

Quando Pola e Stella videro le altre sorelle, corsero verso di loro. Stella era riuscita a fermare uno di quegli uomini che stava per sparare a Leo, mentre il tocco di Pola aveva reso quell’uomo tanto duro, buono come un agnellino.

«Febbre, puzza…?» domandò retoricamente Chiara «Solita storia insomma… »

La forza che scaturiva dal loro entusiasmo e dal loro affiatamento portò Lucilla ad accettare di unirsi alla ricerca del Cristal Ignis, anche se continuava a pensare di non essere così speciale e indispensabile come le altre. La forza più grande si era comunque dimostrata, ancora una volta quella dell’amore, dando ragione a Marta e alla sua perspicacia.

 

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SAFARI AFRICANO

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

SAFARI AFRICANO 

17° capitolo

Al mattino, Chiara e Pola erano pronte per partire, ma ancora Marta non si vedeva. Si diressero verso l’aeroporto, perché i patti erano che qualunque cosa fosse successa dovevano recarsi in Africa. Stavano per acquistare i biglietti aerei, quando la mano di Marta le fermò. Scostandole dalla fila, in un angolino appartato spiegò loro quello che aveva visto sul monte Olimpo, compresa la malattia del Prof. Magus e si propose di portare tutte in Africa all’istante. 

Marta raggiunge Chiara e Pola all’aeroporto

«Sei … sei sicura di farcela?» domandò Chiara preoccupata «Non hai mai spostato più di due persone alla volta a quanto ne so.» 

Marta insistette, dicendo che i tempi erano stretti e che il Prof. Magus era troppo malato, bisognava assolutamente fare qualcosa o sarebbe stato inutile anche trovare la pietra. 

«Hai ragione, ma temiamo che sia uno sforzo troppo grande, non vorremmo ti ammalassi anche tu.» ribattè Pola.

Marta si fece cupa. Anche lei sentiva che gli spostamenti dovevano essere fatti con cautela e le richiedevano un dispendio di energie molto grande. 

«Aspettate!» disse improvvisamente Chiara. «Pola, passami la borsa di Pluto!» Ci guardò dentro e vide la pietra pulsare. «Sarà lei a darti la forza necessaria! Fidati Marta, ce la puoi fare 

Marta mise sulla spalla la borsa con il meteorite, prendendo per mano le altre sorelle. Dopo un lungo quanto interminabile lasso di tempo, in cui videro solo una specie di tunnel luminoso, si trovarono tutte e tre fuori dall’aeroporto sudafricano di Hendrik Van Eck. Si guardarono intorno spaesate. Non erano abituate a quel paesaggio. Poco distante un elefante passeggiava tranquillo con il suo padrone. Marta sorrise divertita all’idea che in quel posto gli animali da passeggio fossero così mastodontici. 

Guardando dentro la borsa di Plutone, Marta trovò la mappa del Sudafrica con le coordinate degli ultimi avvistamenti dello stregone San. Pola riuscì parlando in inglese a noleggiare una jeep. Si addentrarono così nel gigantesco parco con una guida locale che non sembrava capire le loro necessità. Infatti, mostrava solo luoghi turistici, mentre loro avevano bisogno di raggiungere le parti più interne e selvagge di quella terra. 

«Dobbiamo lasciare questo itinerario per turisti o non la troveremo mai!» suggerì Pola. «Questo tipo non ha nessuna intenzione di aiutarci!» 

Marta si era fermata su di un masso. Aveva ripreso la sacca di Pluto e guardava dentro con meraviglia. Chiara si avvicinò ed ebbe una visione. Toccò la mano di Marta che subito si rese conto di dove si trovasse il posto che stava mostrando la pietra. Bastò uno sguardo reciproco per comprendere dove dovevano recarsi per trovare la prossima prescelta. Immediatamente sparirono alla vista del loro accompagnatore, senza che questi avesse il tempo di capire cosa fosse successo. 

Il luogo nel quale si ritrovarono pochi istanti più tardi, era particolarmente ricco di vegetazione e quindi piuttosto buio, mentre un suono particolare giungeva dalla foresta. Un suono che non avevano mai udito prima di allora. Le ragazze si strinsero l’una contro l’altra preoccupate ed impaurite. Alcune foglie cominciarono a muoversi davanti a loro fino a mostrare le mandibole, ricche di denti appuntiti, di un leopardo affamato e sbavante. Sembrava leccarsi i baffi con lo stesso entusiasmo con cui un ingordo si lega il tovagliolo al collo prima di affondare le mani nel piatto. Sentirono il suo ruggito e risposero con un grido disperato chinandosi tutte e tre a terra paralizzate dalla paura. Supplicarono Marta di portarle via, ma era troppo spaventata, non riusciva a concentrarsi. Nel momento in cui la belva fece un salto per avventarsi contro di loro, la mano di Pola con un gesto incondizionato toccò l’animale, che cadde a terra tramortito. Come un tenero micetto, ora cercava le coccole e faceva le fusa. 

Lo strano suono era cessato e davanti a loro si palesò una figura umana che non sapevano distinguere. Aveva il capo rasato, il corpo semi nudo, con una lancia in mano e un teschio legato ad una specie di cintura. Marta fece cadere a terra la borsa contenente la pietra, perché diventata incandescente. Da qui capirono che si trattava della prescelta che stavano cercando. 

«Siamo sicuri che si tratti di una donna?» chiese scettica Pola. 

«Si, è lei ne sono più che certa, guarda la pietra.» rispose Chiara mostrando il meteorite che ancora pulsava come impazzito.  

Comunicare con quell’essere all’apparenza selvaggio sembrava impossibile. Inizialmente pensarono che fosse muta come Marta, ma  non rispondeva nemmeno al linguaggio dei segni. L’altezza, il colore della pelle e quello sguardo impenetrabile, oltre agli oggetti inquietanti che le decoravano il corpo, aiutavano ad alimentare un clima  inquietante e misterioso. 

«Non dimentichiamoci che siamo riuscite ad ammansire un leopardo. Cosa volete che ci faccia questa donna?» le rimproverò Chiara. Quando le fu più vicina si accorse che in realtà non era poi così brutta, anzi aveva un suo fascino, che non veniva certo risaltato dal capo rasato e dall’outfit selvaggio. Sentì che il motivo di quell’aspetto era cercare di risultare volutamente spaventosa, per tenersi lontana dalle persone.  

Stella non smetteva di guardarla fissa negli occhi. Spostò l’attenzione solo quando le fu messo davanti il meteorite pulsante. Allungò la mano per afferrarlo. Le altre tentarono di farsi avanti per dissuaderla dal consegnarle la pietra per paura che potesse gettarla o distruggerla, incapace di capirne il valore, fin tanto che non la videro aprire bocca. Ancora una volta scoprirono che riuscivano a comprendere quello strano linguaggio senza alcuna difficoltà. Si sedettero a terra e iniziarono a parlarle di ciò che stava accadendo. Anche Stella raccontò alle altre la sua storia, almeno in parte. Parlò del suo potere e di come gli sarebbe stato impossibile abbandonare il sud Africa.  

«Tutto ciò che di meraviglioso vedete qui è merito dei miei capelli! Una volta tagliati li devo spargere sulla terra con l’aiuto del vento in una particolare cerimonia. Se me ne vado, la terra tornerà arida e secca, moriranno gli animali e le persone. Mi spiace, ma non posso venire con voi.» 

«Allora non hai capito! Moriremo tutti se non troviamo presto il Cristal Ignis! Tutte noi volevamo rimanere nei nostri paesi, presso le nostre famiglie e i nostri cari.» intervenne Pola infastidita dal leopardo che non smetteva di leccarla. 

«Ecco, perché non vuoi unirti a noi!» Chiara si alzo in piedi di scatto inorridita «Vedo due ombre dietro di te!» 

«Che sciocchezza! Perché poi le vedi solo dietro di me? Tu stai mentendo!» rispose Stella mentre sovrastandola con la sua statura la minacciava apertamente con la lancia. 

«Una dice di chiamarsi Delusione e l’altra … Omicidio!» 

Anche Marta e Pola si alzarono in piedi e retrocessero evidentemente turbate. Con un urlo animalesco Stella corse via! Con i gesti Marta espresse la sua opinione di lasciarla nella foresta e andare sole. Quella strana donna era troppo inquietante e faceva loro paura, non potevano negarlo. Dopo quella rivelazione, poi, come fidarsi? 

«Non possiamo farlo! Per trovare il Cristal Ignis dobbiamo esserci tutte. Ricordate cosa ci ha detto più volte Plutone?» ribadì preoccupata Pola. 

«Come suggerisci di guarirla? Non è altro che una selvaggia. Hai visto come si comporta.» rispose stizzita Chiara. 

Marta suggerì di farla toccare da Pola. Se era riuscita ad addolcire un leopardo infuriato, che già avevano deciso di chiamare familiarmente Leo, avrebbe potuto addomesticare anche quell’essere brutale che non riuscivano a chiamare sorella. Convennero che poteva essere un suggerimento valido, ma la sera stava calando e avevano bisogno di trovare un riparo per la notte. Si nascosero in una miniera abbandonata. Tutte abbracciate a Leo, che dopo essersi allontanato probabilmente per rifocillarsi, era tornato e ora poteva scaldarle. 

Stella controllava da lontano il movimento di quelle che si erano definite le sue sorelle. Seduta sotto un cielo illuminato dalle costellazioni estive suonava il suo strumento preferito, cercando di convincersi che poteva finalmente avere la possibilità di andarsene da quel posto, almeno fino alla prossima luna piena. Per assurdo, era l’unica che aveva sempre desiderato andarsene. Questa volta poteva avere la scusa giusta. Peccato che le parole di Chiara, l’avevano ferita nel profondo. Il suo orgoglio ribolliva, mentre una forza incontrollabile le suggeriva di seguire quella comitiva. Sentiva dentro di lei che avevano bisogno della sua forza e del suo coraggio, sentiva di poter essere utile in modo differente, come mai prima di allora.  

 

Il mattino seguente Stella si fece trovare all’imboccatura della miniera quando le sue sorelle uscirono. Si guardavano con diffidenza. Marta si sforzò di mostrarsi contenta di vederla e la invitò a prendere per mano Pola, spiegando che quello era l’unico modo per essere teletrasportati, ma l’intento era di ammansirla. Quando Pola – seppur reticente – riuscì a prenderle la mano, si stupirono tutte perché non accadde proprio nulla. 

«Come mai le ombre sono ancora lì?» chiese come scandalizzata Chiara. «Sei riuscita ad addomesticare un leopardo e con questa non ce la fai?» 

Capito il trucco, Stella ritrasse la mano indispettita. 

«Cosa volete farmi? Siete venute fin qui per prendervi gioco di me?» 

«Te lo abbiamo detto chi siamo. Piuttosto chi sei tu? Non ci fidiamo di un’assassina.» intervenne Chiara spingendola con una mano lontano da loro. 

Marta cercò di mettersi in mezzo tra le due per evitare una lite, mentre Pola stava ancora riflettendo e – a voce alta – finalmente espresse il suo parere. 

«Credo di aver capito il perché non ha funzionato 

«Chiaro, non puoi perché è una di noi…» rispose Chiara in tono falsamente ironico. 

«Non è questa la ragione. Direi piuttosto che, io addolcisco i cuori malvagi e se non funziona può voler dire solo una cosa: non ha il cuore cattivo.» 

Marta ricordò a tutte che aveva ucciso qualcuno, quindi era evidente che tanto buona non lo fosse. Le chiesero di dimostrare la sua buona fede, raccontando realmente come stavano le cose. Pola si fece avanti con il sorriso prendendole nuovamente la mano per dimostrarle di credere in lei. Stella commossa da quel gesto, acconsentì e cercò di spiegare le circostanze ineluttabili che l’avevano portata a quel gesto. 

«Mi ero innamorata… di un ragazzo che mi ha delusa. Ha approfittato del potere dei miei capelli e della mia ingenuità per derubare persone innocenti. Una notte i miei capelli sono cresciuti oltremodo e lo hanno soffocato. Io sono pentita di quello che è successo, ma non è stato un gesto voluto, io non posso far crescere i capelli a comando, o almeno… non è mai più successo. Non avete idea di quante volte avrei voluto tornare indietro, avere la possibilità di confrontarmi con lui, capire il suo gesto, poterlo perdonare. I miei capelli hanno agito senza che io potessi fermarli e l’unico rammarico è che in quell’istante, non avevo pietà … ritenevo quello che stava accadendo una giusta punizione.» 

Dopo quella spiegazione l’ombra scarlatta dai lunghi occhi neri denominata omicidio con un urlo terribile schizzò via, mentre quella grigio pallido, con gli angoli della bocca rivolti verso il basso, (Delusione) continuava a nascondersi a mala pena dietro le sue spalle, come se temesse di essere scacciata anch’essa.  

Chiara avvisò che la peggiore delle due se n’era andata nel momento in cui Stella aveva confessato di essersi sinceramente pentita, ma continuava ad essere piuttosto scettica nei suoi confronti. Proprio non le stava simpatica e non riusciva assolutamente a nascondere quel suo cipiglio. 

 

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IL MONTE OLIMPO

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

IL MONTE OLIMPO

16° capitolo

Marta aveva seguito le coordinate trascritte sulle mappe stellari, ma non era sicurissima di raggiungere un posto così lontano, mai visto prima e del quale aveva solo sentito parlare. Non aveva mai fatto spostamenti così rischiosi, ma fortunatamente riuscì a materializzare entrambi poco lontano dalla torre dell’IRAM. Plutone scioccato e barcollante dimostrò tutto il suo disappunto per quel rapimento fuori programma. 

 «Cosa ti è saltato in mente? IO sono a capo di questa spedizione, IO devo gestire la ricerca, voi non sapete nulla! Dov’è finita la sacca con tutto il mio materiale? Siete anche delle ladre! Questo è un ammutinamento, è un vero disastro, ora come facciamo? Riportami subito indietro.» 

A gesti Marta cercava di far capire a Plutone che dovevano al più presto trovare il Prof. Magus. ma lui era troppo in collera, così si mise a camminare verso quella che ritenne essere l’unica torre della zona appena visibile all’orizzonte. Lui la seguiva senza smettere un attimo di inveire nei suoi confronti minacciandola di rivelare tutto al Professore.

Quando lo nominò Marta si volse verso di lui più seria che mai, facendolo ammutolire. Lo prese di nuovo sotto braccio ed eccoli nuovamente insieme dentro quello strano vortice, che li fece trovare entrambi dentro la torre.       

Chiara aveva percepito che l’astrologo si trovava in pericolo e prestargli soccorso era la cosa più urgente da fare. Plutone si ritrovò chino a vomitare dentro un secchio. Continuando a non prestarle la minima attenzione, parlava e gesticolava allo stesso tempo, tanto che Marta decise di sedersi su di uno scalino in attesa che finisse il suo soliloquio. Solo quell’immobilità fu in grado di destabilizzarlo. Era l’ultima cosa che si aspettava: essere ignorato.  

«Perché fai così? Non capisco! Adesso chiamo il Prof. Magus…» fu in quell’istante che si rese conto della sua assenza. «Come mai non si trova qui a quest’ora?»

Finalmente lo ha capito!” si disse mentalmente Marta, mentre lo seguiva urlare lungo l’interminabile scalone fino ad una porticina semi aperta.  Appeno lo vide nel letto  Plutone si precipitò al suo capezzale in preda alla disperazione. Non lo aveva mai visto in quello stato in tanti anni.  

«Prof. Magus, cosa le è successo, perché non mi ha detto che stava male? Non sarei mai partito lasciandola solo.» L’astrologo aprì gli occhi stanchi. Gli fece un sorriso e con un filo di voce gli chiese se avesse trovato le prescelte. «Quasi tutte. Guardi!» e chiamò Marta che attendeva timorosa sul ciglio della porta. «Ricorda la storia della bambina francese? Avevo ragione, è proprio lei. Si può tele-trasportare dove vuole, mi ha portata lei qui. Poi ho trovato anche l’ultima. La canadese, si chiama Pola come sua nonna. Era rimasta chiusa in casa per anni e poi si era trasferita in medio-oriente, per questo non la trovavamo. Ha il dono di addolcire i cuori malvagi. Mentre Chiara, l’argentina, ha il dono di sentire e vedere cose … anche strane… a volte legge anche nel pensiero… Avrò modo poi di raccontarle tutto, ma ora mi dica cosa devo fare. Di cos’ha bisogno. Non so nemmeno cosa le è successo!» 

Plutone parlava in maniera concitata e con le lacrime che gli scendevano dagli occhi. Quell’uomo era l’unica persona alla quale era rimasto attaccato e perderlo voleva dire sentirsi completamente smarrito. Gli occhi del professore non avevano nemmeno fatto in tempo a seguire tutte le sue spiegazioni che si erano richiusi e Plutone alzatosi si allontanò di pochi passi dal letto volgendogli le spalle per non farsi vedere mentre due grosse lacrime gli stavano colando sulle guance.

Improvvisamente il Prof. Magus riaprì gli occhi e guardando nel vuoto ammise di avere un brutto male, del quale non lo aveva messo al corrente per non preoccuparlo, ma insistette sul fatto che doveva assolutamente portare a termine la missione o tutti i loro sforzi sarebbero stati vani. 

«Non far caso a me, è indubbio ormai che questa è la tua missione, non la mia. Quel che potevo fare l’ho fatto, ora devi mettere in pratica i miei insegnamenti e con l’aiuto di queste ragazze riporterete la luce sulla terra nel momento in cui il buio l’avvolgerà.»

«Le proibisco di parlare in questo modo. Sa bene che senza di lei io non sarò mai in grado di far funzionare il Cristal Ignis, è lei la chiave di tutto. Professore, professore?» Repentini colpi di tosse fecero nuovamente calare nello sconforto entrambi.

Nel frattempo Marta, aveva acceso il bollitore posto su di una credenza e stava cercando di preparare un infuso caldo, aggiungendo un’abbondante dose di miele. Lo allungò a Plutone perchè aiutasse il professore a berlo. Con i gesti cercò di tranquillizzarli. Era evidente che voleva rassicurarli sulla forza che avrebbero sprigionato i loro poteri per vincere quella sfida. Lei avrebbe portato tutte le prescelte su quel monte e la terra si sarebbe salvata.

Il vecchio non ebbe modo di vedere la fine di quella spiegazione, perché cadde in un sonno febbricitante. Plutone piangeva disperato. Marta lo rincuorò facendogli capire che poteva rimanere ad occuparsi di lui, mentre lei avrebbe raggiunto le sorelle e tutte insieme sarebbero tornate con il Cristal Ignis.  

Non c’era modo di obbiettare, era evidente che non poteva rimanere solo e seppur a malincuore accettò quella risoluzione.

«D’accordo. E’ evidente che non abbiamo alternative. Nel frattempo io cercherò di documentarmi meglio sul da farsi. Mi raccomando trovale tutte e tornate qui con il Cristal Ignis. Solo se ci sarete tutte si potrà riaccendere il sole.»

Con un rapido gesto del capo, Marta affermò di aver capito.  Quella notte l’avrebbero passata tutti nella torre. Guardò fuori dalla finestra e la luna brillava. Era la prima volta che si trovava in una situazione del genere. Sola, tanto lontana da casa, dai visi familiari, dalle sue sicurezze e ascoltando i battiti del cuore si sentì improvvisamente immersa in un sonno strano, che le mostrava un posto che non aveva mai visto prima.

Avrebbe voluto essere accanto alle altre, ma era stato troppo faticoso quel viaggio, le aveva prosciugato ogni energia. La sua mente si stava svuotando e intorno a lei comparvero immagini più o meno nebulose, fin tanto che non vide i volti di Chiara e Pola nitidi, che la stavano chiamando.

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VIVRE LA FRANCE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

VIVRE LA FRANCE 

15° capitolo

Dopo alcuni scali arrivarono finalmente all’Aeroporto di Bordeaux-Mérignac in FranciaAd attenderli trovarono Marcel, un cameriere che conosceva da tempo Marta e lavorava in uno dei ristoranti della zona. Questo tranquillizzava molto Pluto. Con il suo tipico e raffinato accento francese riuscì senza fatica a rendere il suo inglese piacevolmente accettabile per le sue compagne.

Pluto lottava con se stesso per non dar spazio a quel piccolo sentimento di gelosia che provava nel vederle entrambe così coinvolte e attente ad ogni battuta o complimento che veniva loro rivolto dal galante serveur. Conscio della sua missione si riappropriò del ruolo di guida per prendere in mano la conversazione, anche se voltatosi si accorse che erano spariti tutti. Li ritrovò alla reception, dove Marcel aveva provveduto a prenotare le camere.  

«Vi sono almeno un paio d’ore prima della cena. Spero troverete le camere di vostro gusto. Io ora devo andare, ci vedremo più tardi al restaurant. C’est bon pour toi?» le guardò assentire entusiaste e continuando con quel francese che le faceva sorridere ogni volta, disse «Très bien. Au revoir.» 

Pluto guardava le sue compagne di viaggio scambiarsi battute in gran segreto e mentre si faceva consegnare la sua chiave pensò che tante smancerie per lui, non c’erano state. Se solo avessero saputo che possedeva anch’egli dei poteri, forse avrebbe ottenuto più rispetto, pensò indispettito. E facendosi spazio tra loro, entrò con supponenza per primo in ascensore salutandole poi ironicamente in francese, come aveva fatto precedentemente Marcel.  «Au revoir.» Le ragazze non riuscirono a trattenere l’ilarità appena la porta si richiuse alle loro spalle. Avevano evidentemente colto la sua gelosia.    

Per Chiara e Pola, due ore furono appena sufficienti per una rinfrescata, perché appena si appoggiarono sul letto era ormai tempo di scendere. Troppo bello il panorama dalla terrazza. I cioccolatini poi, erano stati la sorpresa più gradita, mentre il cigno ricavato da un asciugamano lo avevano trovato un origami impossibile da ricreare. Prima di scendere si guardarono negli occhi emozionate. 

«Chissà come sarà Marta. Il nome mi piace. speriamo sia anche lei entusiasta di unirsi a noi.» disse Pola con il cuore che non aveva ancora smesso di batterle concitato nel petto dal momento in cui quell’avventura era iniziata. 

«Non ne ho idea, ma è stato così facile per noi trovarci e capirci che penso sarà altrettanto semplice con le altre.» 

«Speriamo tu abbia ragione, io mi sento molto in ansia. Se solo una di loro si rifiuterà di seguirci … sarà stato tutto inutile.» 

Per farsi coraggio si presero per mano e scesero al ristorante dove già le attendeva davanti all’entrata Pluto. Per lui era una grande emozione, perché Marta l’aveva trovata prima di tutte le altre e gli sembrava di conoscerla da sempre. La sentiva come una sorellina più piccola.  

«Bonsoir.» lessero sulle labbra di Marcel che le aveva viste entrare e stava indicando loro il luogo dove probabilmente si trovava la terza figlia del sole.

Il mètre li fece accomodare e fu in quel momento che videro entrare nella sala Marta. Si fermava di tavolo in tavolo facendo piccoli giochetti di prestigio per allietare gli ospiti, ma soprattutto i bambini. Quel suo far apparire e scomparire cose, Plutone sapeva bene che non era un caso. Le fecero un cenno per farla avvicinare, che sembrò non gradire, mentre si voltò dalla parte opposta, per andarsene.    

«Presto fa qualcosa» Pola cercò di scuotere Pluto «devi fermarla.» ma lui era troppo confuso ed emozionato, non riusciva a muovere un muscolo.  

«Ho paura che se non andiamo entrambe, lui non riuscirà nemmeno ad avvicinarla. Non le ha fatto una grande impressione quel gesto. Anzi l’ha indispettita.» replicò Chiara alzandosi dalla sedia dopo aver rimproverato Pluto per il suo gesto troppo plateale. 

«Ovvio, l’hai trattata come una cameriera…» rincarò la dose Pola prima di seguirla. 

Come avevano previsto, Marta non fu per nulla lusingata dalla proposta di andare in cerca di un meteorite per salvare la terra. Al contrario pensò si trattasse di persone poco raccomandabili e fu tentata di farli sparire. Non voleva credere a quello che le stavano dicendo. Nemmeno vedere il meteorite pulsare intensamente davanti a lei le fece cambiare idea. Dopo tutto era abituata ai giochi di prestigio. Solo quando Pola le prese la mano, si rese conto che non stavano mentendo, ma ritraendola pensò ai suoi bambini. Quelli che accoglieva in quel posto e rappresentavano a tutti gli effetti la sua famiglia. Riteneva che la sua presenza in quel posto fosse molto più necessaria. 

Tutti quei dialoghi con segni e lettura delle labbra risultavano stranamente comprensibili alle due sorelle del sole, mentre Pluto per quanto si sforzasse, si sentiva solo un terzo incomodo. Le uniche che potevano convincerla erano loro. Chiara conoscendo i suoi veri pensieri trovò il modo giusto, mentre Pola le teneva le mani con un affetto tale che Marta non solo non riusciva a liberarsi, ma nemmeno voleva più farlo. 

«Capisco bene quali siano i tuoi sentimenti, ma se non ci aiuterai la terra non vedrà più la luce del sole. Hai davvero voglia di prenderti questa responsabilità?» le disse Chiara guardandola bene negli occhi. 

«Siamo venute qui da te… Abbiamo fatto tanta strada. Le tue perplessità sono anche le nostre. Anche noi abbiamo dovuto lasciare delle persone care ed è proprio per loro che abbiamo capito, che dovevamo cercare il meteorite. Senza di te le nostre famiglie e i nostri amici moriranno, come tutte noi del resto.» ribadì seria Pola. 

Marta si liberò le mani. Fece capire che avrebbe salvato i suoi bambini e le loro famiglie portandoli lontano. 

«Quando arriverà il buio non potrai più salvarli, perché non ci sarà luogo sulla terra nel quale non vi sia morte e distruzione.» Chiara lo disse con un’allarmante pacatezza, come se davanti agli occhi  avesse la visione nitida, quanto drammatica, di ciò che li attendeva.  

«Per salvare la terra servite tutte, nessuna esclusa!» riuscì finalmente ad intromettersi Pluto.  

 

Le ci volle un giorno intero a Marta per comprendere che le sue sole forze non erano sufficienti a proteggerle tutte (e a proteggere tutte le persone che le stavano a cuore) e si rassegnò a seguire suo malgrado la spedizione. Disse ai suoi genitori adottivi che aveva deciso di fare quella vacanza che aveva sempre messo in cantiere, ma non aveva mai fatto e seguì la comitiva senza mostrare grande entusiasmo, ma con maturata rassegnazione.  

Si dettero appuntamento nella hall dell’albergo. Chiara che con il suo dono comprendeva bene il linguaggio di Marta, riferì che si stava proponendo di portarli tutti verso la loro prossima destinazione. 

«Fantastico! Così risparmieremo il biglietto dell’aereo.» Si affrettò a dire Plutone mentre controllava i contanti che ancora possedeva per terminare il viaggio. 

«Mi spiace, ma questa volta andremo sole!» gli disse Chiara. 

«Cosa vuoi dire? Stai scherzando, spero?» replicò Plutone. 

Tutte e tre si misero davanti a lui e Pola lo rassicurò, mentre Chiara cercava di spiegargli qualcosa che in quello stato, non riusciva a comprendere. 

«Fidati di noi! Il tempo stringe e il Prof. Magus ha bisogno di te. Marta ti porterà da lui, mentre noi andremo a cercare le altre prescelte. Ci troveremo tutti in Australia tra una settimana, così recupereremo tempo.» incalzò Pola.

Plutone non fece nemmeno in tempo ad obiettare, perchè Marta lo aveva già preso sotto braccio, per riportarlo alla sede dell’IRAM. Solo la sua tracolla con il meteorite dal cuore pulsante cadde a terra. Chiara e Pola si guardarono negli occhi. L’intesa tra loro era forte e questo era fondamentale, dal momento che trovare Stella in Africa non sarebbe stata un’impresa facile.    

Le due sorelle del sole dopo una notte di riposo erano pronte per affrontare il loro safari africano. Sapevano solo che la loro quarta sorella si trovava nel Parco nazionale Kruger che però è la più grande riserva naturale del Sudafrica, un’impresa ciclopica, che si sentivano comunque di poter superare insieme. Prima di addormentarsi Pola confessò i suoi timori. 

«Chiara, sei sveglia?» 

«Nonostante la stanchezza non riesco a dormire! Appena chiudo gli occhi vedo quel parco, anche se non ci sono mai stata, ma lei non c’è…» 

«Anch’io fatico a prendere sonno! Speriamo che Marta riesca a raggiungerci. Dobbiamo cercare qualcuno che non sappiamo nemmeno come si chiama su di un‘area di circa 20.000 km², più o meno come lo stato di Israele o del Galles, solo che è pieno di animali feroci e io ho una paura folle degli animali. Non ne ho mai avuto uno. Mi spaventano anche i cani e i gatti 

«Non preoccuparti. Se abbiamo questi poteri è perché ci servono per raggiungere il nostro scopo e riusciremo nell’impresa. Ce la dobbiamo fare. Altrimenti per i nostri cari e per il mondo intero sarà la fine.» 

Chiara avvicinò il suo letto a quello di Pola e cercò di abbracciarla. Quella stretta fu sufficiente per farle addormentare entrambe.  

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SECONDA TAPPA: CANADA

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

SECONDA TAPPA: CANADA

14° capitolo

Calgary si presentò subito piuttosto caotica. La prescelta argentina non sembrava per nulla spaesata, mentre Pluto disorientato si guardava intorno nella speranza di trovare un volto conosciuto, uno dei suoi tanti amici virtuali che potevano trovarsi da quelle parti al momento giusto. Non avere un punto di riferimento gli stava procurando un attacco di panico, soprattutto al pensiero di quello che avrebbe detto il Prof. Magus. Essere in un posto sconosciuto senza una vaga idea di come raggiungere la prescelta, per il professore sarebbe stato solo tempo perso. Gli sembrava di vedere il suo viso ovunque e ogni volta aveva un sussulto. Senza parlare della folla, alla quale non era affatto abituato e che lo metteva in uno stato di agitazione costante. Come se da un momento all’altro qualcuno potesse calpestarlo, si era fermato con la schiena contro la parete e non riusciva più a muovere un passo.

«Non mi sento a mio agio, non mi sento a mio agio.» continuava a ripetere asciugandosi la fronte.

«Non capisco come fai a sudare. Qui si sta benissimo, ci saranno almeno 20 gradi. Ora calmati. Cammina davanti a me. Ti terrò la mano sulla spalla e vedrai che ci lasceranno passare.» Lo fermò improvvisamente indicando un manifesto «Ecco il motivo di tanta confusione. Il primo luglio per loro è un giorno di festa è il Canada Day. Ora mi spiego tutta questa allegria e queste meravigliose bancarelle! Guarda! Guarda! Succhi di bisonte e succhi di frutta di pietra e… samosa vegetali. Ci sono anche degli attori con dei costumi tradizionali che cantano! Andiamo a vedere!»

Iniziò a trascinarlo per la città curiosa come una donna che non ha mai visto nulla al di fuori del proprio paese. In effetti, era proprio così. Plutone rimpianse amaramente di essersi fatto trascinare in quella baraonda. Mentre la vedeva agitarsi tra un banchetto di souvenir e uno di cibo, mai visto prima. Avrebbe voluto rispedirla al mittente o almeno trasferirla sul monte Olimpo con la forza del pensiero, ma tutti i suoi sforzi sembravano inutili. Solo la sensazione, che fosse davvero in grado di trovare l’ultima prescelta, lo motivava a seguirla. Cercò di lasciarla sfogare per un’oretta abbondante, mentre lui si era trovato un posticino con internet, dove poter fare una ricerca tra le sue amicizie. Voleva assolutamente contattare un suo amico virtuale che viveva in quella città, con la speranza di scroccare un passaggio fino al Moraine Lake, oltre a qualche informazione utile.

Trovò Riley, un ingegnere informatico che con il suo furgoncino non si fece scrupoli a dar loro un passaggio fino ad un paese nei pressi del famoso lago, attraversando una valle meravigliosa. Il viaggio non fu molto comodo in quanto il suo mezzo era pieno di attrezzature ingombranti, alcune delle quali risultarono assai utili, come il drone. Chiara aveva visto il luogo, ma effettivamente non ne aveva le coordinate. Scandagliarono la zona e si incantarono a guardare immagini di paesaggi splendidi, ricchi di vegetazione, per poi avvicinarsi sempre più ad una parte collinare ai piedi di alti monti che quasi certamente d’inverno si ricoprivano di una spessa coltre ghiacciata.

«Fermati, ci siamo!» disse all’improvviso Chiara. «E’ questo il posto che ho visto! Dobbiamo andare lì.» Una volta scesa dall’auto corse in direzione di un’abitazione che loro non avevano nemmeno notato essendo posta al centro di una serie di alberi piuttosto alti. Attesero in macchina, non del tutto sicuri che si trattasse del posto giusto. Una donna di mezza età aprì la porta e la fece entrare. Rimase in quella casa per un tempo che a loro sembrò eterno, finché non la videro tornare delusa.

«Non è questo il posto vero? Non può essere qui! Come ho fatto a darti retta? Abbiamo solo perso tempo. Chissà cosa dirà il Prof. Magus. Non so proprio come farò a dirgli che abbiamo perso due giorni a vagabondare.  Perché mai ti ho dato retta… Chissà poi quando troveremo la coincidenza per Atene, senza contare la spesa dei biglietti… Il professore mi ucciderà…» Plutone non la smetteva di parlare. Il solo pensiero di dover ammettere che aveva mentito sulla posizione dell’ultima prescelta lo rendeva pazzo.

«Smettila di blaterare! Sei un vero guastafeste!» sbuffò spazientita. «Si chiama Pola. Non è riuscita a prendere il volo di questa mattina e arriverà solo domani. Ciò significa che mi hai fatto perdere un giorno utile per fare shopping in una città meravigliosa nella quale non tornerò mai più. E’ già buio e siamo in mezzo al nulla. Ma ci ospiteranno volentieri per questa notte, in quel capanno.» Indicò una casetta in legno, di sicuro non comodo quanto un albergo, ma almeno sicuro e più vicino.

Con il broncio di una bambina cominciò a scaricare il suo bagaglio. Si sarebbero dovuti adattare, ma era sempre meglio che pagare a caro prezzo un alloggio che in quel periodo difficilmente potevano trovare in città, a causa dei festeggiamenti in corso.

 

Il mattino seguente Pluto si trovò solo. Chiara era già uscita e stava passeggiando in mezzo alla natura come una farfallina in attesa di un bel fiorellino su cui posarsi. Era sicuramente molto eccitata all’idea di incontrarsi con la sua affine sorella. Egli la guardava e ancora non gli pareva vero che fosse stato tutto così facile. Non sapeva cosa aspettarsi da quel secondo incontro, dal memento che non era riuscito a sapere nulla su quella donna, ma si convinse che la prima era così speciale che avrebbe di certo convinto tutte le altre a seguirli. Almeno, se lo augurava.

I genitori di Pola portarono un vassoio ricco di piatti tipici per un’abbondante colazione.  Non erano abituati ad avere visite, ma Chiara aveva la capacità di mettere tutti a proprio agio. Improvvisamente Pluto la vide correre fuori e capì che l’attesa era giunta al termine, aveva sentito il suo arrivo e già le stava correndo incontro per raccontarle tutto prima di farla entrare nel capanno, dove poterono scambiarsi confidenze senza essere disturbate. Le parlò di quello che stava per accadere e di come i suoi poteri erano riusciti a trovarla. Plutone che fino a quel momento era stato in disparte, fremeva dal desiderio di conoscere le straordinarie doti della ragazza. Il motivo per cui non era riuscito a trovare nulla su di lei, era evidente, non si trovava dove la stava cercando.

Pola raccontò così la sua storia, parlò del suo aspetto repellente e dell’effetto che aveva il suo tocco. Ovviamente se non avessero avuto solide basi per crederle, avrebbero dubitato di tutto. Il suo viso era simile a quello di un angelo e i suoi capelli biondi quasi splendevano sotto i raggi del sole. Come pensare che fosse stata tanto brutta?

«Facciamo il punto della situazione. Tu vedi le ombre» disse Pluto indicando Chiara «Tu invece fai venire la febbre…» disse mentre si spostava leggermente da Pola con il timore di essere toccato. «Ora sono davvero spaventato, chissà cosa mi potrebbero fare le altre.» Finì prendendosi il capo tra le mani dubbioso tra l’ilarità generale. «Non è che per caso, puoi farmi diventare più alto?» si azzardò a chiedere a bruciapelo con eccessiva speranza.

Sorridendo Pola scosse la testa rammaricata, mentre Chiara alzò gli occhi al cielo. Le ragazze si misero a ridere, l’affiatamento nacque spontaneo e immediato, era come se si conoscessero da sempre. Ovviamente anche la prescelta canadese accettò di unirsi a loro. I genitori non vennero messi a conoscenza del reale motivo di quella ripartenza improvvisa. Seppur dispiaciuti, avevano piena fiducia nella loro figlia e non le fecero troppe domande, accettando rassegnati la sua decisione.

«Bene, allora la prossima destinazione è l’Europa.» Si dissero le due sorelle in coro, tenendosi per mano. Ormai non era più Plutone a decidere dove andare, questo era evidente.

Nel viaggio verso la Francia Pluto guardava con un pizzico d’invidia come ridevano e scherzavano. Lui aveva solo amici virtuali e nemmeno i suoi fratelli erano mai stati così affettuosi e attenti nei suoi confronti. Si sentì un poco geloso di quell’affiatamento e per farsi coraggio prese la pietra di carboncino, che gli aveva fatto compagnia per tanto tempo nel pugno e la strinse forte, nella speranza di risentire quel pizzicore in grado di infondergli coraggio e forza.

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