SECONDO CAPITOLO di Erasmo

Nonno Ignazio

«Amore mio è giunto il momento di svelarti un grande segreto.»

Questo mi disse il mio papà mentre avevo gli occhi pieni di lacrime e gridavo di non voler più andare a scuola.

«Tu provieni da una famiglia di super eroi

Io l’ho guardato incredulo. Non avevo mai saputo che avessimo dei poteri speciali e pensavo che, se fosse stato vero, si erano dimenticati di me o non mi avevano trovato, perché non sapevo davvero fare niente.

Nonno Ignazio durante il servizio militare

«I super poteri sono doti naturali che si possiedono e nessuno può portarli via. Alcuni li chiamano talenti. Purtroppo, la maggior parte delle persone non si accorge di averli, li sottovaluta o addirittura se ne vergogna. Per non parlare di quelli che non li sanno proprio adoperare. Ma la nostra famiglia è sempre stata molto intelligente.»

Ovviamente non mi bastò quella spiegazione. Non solo volevo vedere di cosa fosse capace, ma desideravo conoscere subito il mio dono.

«Non avere fretta. Come ti ho detto, il talento bisogna saperlo conoscere bene per poterlo sfruttare al meglio, altrimenti non te ne fai nulla. Per questo ognuno di noi deve scoprire da se, qual è il suo, ma ti posso assicurare che alla fine arriverai da solo a capirlo e a quel punto sì, che ti sarà utile.»

«E riuscirò a ritornare amico di Matteo e ad avere anch’io tanti amici?»

«Questo dipenderà da te e dalle tue abilità. Vediamo da dove posso incominciare.»

A bocca aperta, con il moccio che mi colava dal naso e le guance rosse ancora rigate di lacrime, lo guardavo come non lo avevo mai guardato prima. Lui mi sorrideva e mi portò un grande volume pieno di fotografie. Lo riconobbi subito. Una volta non c’erano gli album digitali e le foto venivano stampate sulla carta e messe in libri dove li si poteva sfogliare.

«Partiremo dal principio. In questo album troveremo la storia della nostra famiglia.»

«Ma io la conosco già. Non voglio guardare queste vecchie foto.» piagnucolai pensando che volesse solo raccontarmi le solite storie di quando era bambino. Erano belle, ma me le aveva raccontate così tante volte che mi avevano stancato.

«Tu pensi di conoscerle, ma in realtà contengono grandi misteri.»

A quel punto ero davvero curioso. Poteva davvero esserci qualcosa che ancora non sapevo? Non capivo se anche lui si stesse prendendo gioco di me, oppure vi era davvero qualcosa di incredibile che avremmo condiviso insieme. Dopo aver sfogliato qualche pagina si fermò davanti all’immagine di mio nonno, il suo papà. Era ancora giovane e si appoggiava ad una pala davanti ad una stalla. Quando aveva conosciuto la nonna lavorava già in una fattoria molto grande. Al suo fianco vi erano due mucche. Una volta papà mi ci aveva portato e le mucche c’erano ancora.

«Questa foto te l’ho mostrata altre volte Erasmo, ma non ti ho mai detto che fu scattata un giorno molto particolare. Il giorno in cui mio padre mi confidò il nostro segreto, proprio come sto facendo io ora con te.»

Io lo guardavo a bocca aperta, per me era una foto qualunque, in bianco e nero, anche troppo piccola. Mi raccontò che nonno Ignazio era stato rimproverato dalla nonna Margherita che lo aveva costretto suo malgrado ad una dieta speciale che comprendeva grandi quantità di riso, carote e patate.

«Quando sono malato anche a me la mamma da sempre quelle cose insieme alle fette biscottate.»

«Ѐ vero e proprio in quell’occasione comprese quanto fosse speciale il suo particolarissimo potere.»

Io continuavo a non capire, ma volevo che andasse avanti. Mi spiegò che fece una cacca così dura, che non riuscivano più a mandarla giù dal gabinetto. Mi fece molto ridere, ma non potevo capire che potere fosse mai questo e a che cosa poteva mai tornare utile.

«Per tre giorni la cacca del nonno rimase immobile dove era stata lasciata. Nessuno voleva prenderla con le mani e per quanta acqua si buttasse, o detersivi o altro, non vi era nulla da fare, continuava a rimanere lì e nessuno voleva più usare il bagno. Alla fine, il nonno riuscì a rimediare con un solvente particolarmente aggressivo. Non sai che sollievo per nonna Margherita e per tutti noi.»

«Si, ma alla fine a cosa mi servirebbe fare una cacca così?»

«Oh, ma questo non è il tuo potere, questo era il suo. Il potere maggiore è quello che diamo noi alle cose. Anche nonno Ignazio aveva un nemico, come tutti i super eroi. Era il suo vicino di casa. Non faceva che fargli i dispetti. Soprattutto al nostro cane. Così questa “disavventura” gli dette lo spunto per una divertente rivincita. Iniziò col fargli credere di essere uno stregone, che poteva fare addirittura maledizioni, giocando sul fatto che il suo vicino era molto pauroso e superstizioso. Temeva questo genere di cose, ma non era così sprovveduto da credere solo a quelle danze pittoresche e a quei canti assurdi che si inventava tuo nonno. Mio padre però sapeva che quello era solo l’inizio. Infatti, il giorno successivo a quella sceneggiata, si introdusse furtivo nella casa di quel villano e lasciò nel gabinetto un ricordino poco profumato, di quelli che solo lui sapeva fare. Poi fuggì via. Noi ci svegliammo quella mattina con le urla della moglie. Credo che anche per loro sia stato complicato distruggere quel maleodorante intruso. Quando tuo nonno me lo ha raccontato non sai quanto ci siamo divertiti.»

«Nonno Ignazio era davvero furbo e coraggioso. Entrare come un ladro in quella casa senza nemmeno farsi scoprire… è pericoloso.»

«Una volta era più facile intrufolarsi nelle case. Non avevano cancelli e serrature come oggi. Lui poi, non aveva portato via niente, anzi aveva lasciato qualcosa…»

Ci mettemmo a ridere insieme. Poi però divenni nuovamente triste e pensieroso.

«Ma i dispetti, ha continuato a farglieli?»

«No. Non li fece più. E se devo essere sincero penso che nonostante abbiano continuato a beccarsi affabilmente, si volevano anche bene.»

Continuammo a scherzare immaginando le facce di mamma se si fosse trovata nei panni di nonna Margherita. Alla fine, però, non ero proprio convinto che fosse un vero potere da super eroe. Io poi non sarei mai riuscito ad essere così bravo. Di certo non avevo il dono del nonno. La mamma mi aveva fatto mangiare quelle cose tante volte quando ero malato e non avevo mai fatto una cacca così.

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