SECONDA TAPPA: CANADA

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

SECONDA TAPPA: CANADA

14° capitolo

Calgary si presentò subito piuttosto caotica. La prescelta argentina non sembrava per nulla spaesata, mentre Pluto disorientato si guardava intorno nella speranza di trovare un volto conosciuto, uno dei suoi tanti amici virtuali che potevano trovarsi da quelle parti al momento giusto. Non avere un punto di riferimento gli stava procurando un attacco di panico, soprattutto al pensiero di quello che avrebbe detto il Prof. Magus. Essere in un posto sconosciuto senza una vaga idea di come raggiungere la prescelta, per il professore sarebbe stato solo tempo perso. Gli sembrava di vedere il suo viso ovunque e ogni volta aveva un sussulto. Senza parlare della folla, alla quale non era affatto abituato e che lo metteva in uno stato di agitazione costante. Come se da un momento all’altro qualcuno potesse calpestarlo, si era fermato con la schiena contro la parete e non riusciva più a muovere un passo.

«Non mi sento a mio agio, non mi sento a mio agio.» continuava a ripetere asciugandosi la fronte.

«Non capisco come fai a sudare. Qui si sta benissimo, ci saranno almeno 20 gradi. Ora calmati. Cammina davanti a me. Ti terrò la mano sulla spalla e vedrai che ci lasceranno passare.» Lo fermò improvvisamente indicando un manifesto «Ecco il motivo di tanta confusione. Il primo luglio per loro è un giorno di festa è il Canada Day. Ora mi spiego tutta questa allegria e queste meravigliose bancarelle! Guarda! Guarda! Succhi di bisonte e succhi di frutta di pietra e… samosa vegetali. Ci sono anche degli attori con dei costumi tradizionali che cantano! Andiamo a vedere!»

Iniziò a trascinarlo per la città curiosa come una donna che non ha mai visto nulla al di fuori del proprio paese. In effetti, era proprio così. Plutone rimpianse amaramente di essersi fatto trascinare in quella baraonda. Mentre la vedeva agitarsi tra un banchetto di souvenir e uno di cibo, mai visto prima. Avrebbe voluto rispedirla al mittente o almeno trasferirla sul monte Olimpo con la forza del pensiero, ma tutti i suoi sforzi sembravano inutili. Solo la sensazione, che fosse davvero in grado di trovare l’ultima prescelta, lo motivava a seguirla. Cercò di lasciarla sfogare per un’oretta abbondante, mentre lui si era trovato un posticino con internet, dove poter fare una ricerca tra le sue amicizie. Voleva assolutamente contattare un suo amico virtuale che viveva in quella città, con la speranza di scroccare un passaggio fino al Moraine Lake, oltre a qualche informazione utile.

Trovò Riley, un ingegnere informatico che con il suo furgoncino non si fece scrupoli a dar loro un passaggio fino ad un paese nei pressi del famoso lago, attraversando una valle meravigliosa. Il viaggio non fu molto comodo in quanto il suo mezzo era pieno di attrezzature ingombranti, alcune delle quali risultarono assai utili, come il drone. Chiara aveva visto il luogo, ma effettivamente non ne aveva le coordinate. Scandagliarono la zona e si incantarono a guardare immagini di paesaggi splendidi, ricchi di vegetazione, per poi avvicinarsi sempre più ad una parte collinare ai piedi di alti monti che quasi certamente d’inverno si ricoprivano di una spessa coltre ghiacciata.

«Fermati, ci siamo!» disse all’improvviso Chiara. «E’ questo il posto che ho visto! Dobbiamo andare lì.» Una volta scesa dall’auto corse in direzione di un’abitazione che loro non avevano nemmeno notato essendo posta al centro di una serie di alberi piuttosto alti. Attesero in macchina, non del tutto sicuri che si trattasse del posto giusto. Una donna di mezza età aprì la porta e la fece entrare. Rimase in quella casa per un tempo che a loro sembrò eterno, finché non la videro tornare delusa.

«Non è questo il posto vero? Non può essere qui! Come ho fatto a darti retta? Abbiamo solo perso tempo. Chissà cosa dirà il Prof. Magus. Non so proprio come farò a dirgli che abbiamo perso due giorni a vagabondare.  Perché mai ti ho dato retta… Chissà poi quando troveremo la coincidenza per Atene, senza contare la spesa dei biglietti… Il professore mi ucciderà…» Plutone non la smetteva di parlare. Il solo pensiero di dover ammettere che aveva mentito sulla posizione dell’ultima prescelta lo rendeva pazzo.

«Smettila di blaterare! Sei un vero guastafeste!» sbuffò spazientita. «Si chiama Pola. Non è riuscita a prendere il volo di questa mattina e arriverà solo domani. Ciò significa che mi hai fatto perdere un giorno utile per fare shopping in una città meravigliosa nella quale non tornerò mai più. E’ già buio e siamo in mezzo al nulla. Ma ci ospiteranno volentieri per questa notte, in quel capanno.» Indicò una casetta in legno, di sicuro non comodo quanto un albergo, ma almeno sicuro e più vicino.

Con il broncio di una bambina cominciò a scaricare il suo bagaglio. Si sarebbero dovuti adattare, ma era sempre meglio che pagare a caro prezzo un alloggio che in quel periodo difficilmente potevano trovare in città, a causa dei festeggiamenti in corso.

 

Il mattino seguente Pluto si trovò solo. Chiara era già uscita e stava passeggiando in mezzo alla natura come una farfallina in attesa di un bel fiorellino su cui posarsi. Era sicuramente molto eccitata all’idea di incontrarsi con la sua affine sorella. Egli la guardava e ancora non gli pareva vero che fosse stato tutto così facile. Non sapeva cosa aspettarsi da quel secondo incontro, dal memento che non era riuscito a sapere nulla su quella donna, ma si convinse che la prima era così speciale che avrebbe di certo convinto tutte le altre a seguirli. Almeno, se lo augurava.

I genitori di Pola portarono un vassoio ricco di piatti tipici per un’abbondante colazione.  Non erano abituati ad avere visite, ma Chiara aveva la capacità di mettere tutti a proprio agio. Improvvisamente Pluto la vide correre fuori e capì che l’attesa era giunta al termine, aveva sentito il suo arrivo e già le stava correndo incontro per raccontarle tutto prima di farla entrare nel capanno, dove poterono scambiarsi confidenze senza essere disturbate. Le parlò di quello che stava per accadere e di come i suoi poteri erano riusciti a trovarla. Plutone che fino a quel momento era stato in disparte, fremeva dal desiderio di conoscere le straordinarie doti della ragazza. Il motivo per cui non era riuscito a trovare nulla su di lei, era evidente, non si trovava dove la stava cercando.

Pola raccontò così la sua storia, parlò del suo aspetto repellente e dell’effetto che aveva il suo tocco. Ovviamente se non avessero avuto solide basi per crederle, avrebbero dubitato di tutto. Il suo viso era simile a quello di un angelo e i suoi capelli biondi quasi splendevano sotto i raggi del sole. Come pensare che fosse stata tanto brutta?

«Facciamo il punto della situazione. Tu vedi le ombre» disse Pluto indicando Chiara «Tu invece fai venire la febbre…» disse mentre si spostava leggermente da Pola con il timore di essere toccato. «Ora sono davvero spaventato, chissà cosa mi potrebbero fare le altre.» Finì prendendosi il capo tra le mani dubbioso tra l’ilarità generale. «Non è che per caso, puoi farmi diventare più alto?» si azzardò a chiedere a bruciapelo con eccessiva speranza.

Sorridendo Pola scosse la testa rammaricata, mentre Chiara alzò gli occhi al cielo. Le ragazze si misero a ridere, l’affiatamento nacque spontaneo e immediato, era come se si conoscessero da sempre. Ovviamente anche la prescelta canadese accettò di unirsi a loro. I genitori non vennero messi a conoscenza del reale motivo di quella ripartenza improvvisa. Seppur dispiaciuti, avevano piena fiducia nella loro figlia e non le fecero troppe domande, accettando rassegnati la sua decisione.

«Bene, allora la prossima destinazione è l’Europa.» Si dissero le due sorelle in coro, tenendosi per mano. Ormai non era più Plutone a decidere dove andare, questo era evidente.

Nel viaggio verso la Francia Pluto guardava con un pizzico d’invidia come ridevano e scherzavano. Lui aveva solo amici virtuali e nemmeno i suoi fratelli erano mai stati così affettuosi e attenti nei suoi confronti. Si sentì un poco geloso di quell’affiatamento e per farsi coraggio prese la pietra di carboncino, che gli aveva fatto compagnia per tanto tempo nel pugno e la strinse forte, nella speranza di risentire quel pizzicore in grado di infondergli coraggio e forza.

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