CRISTAL IGNIS

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

CRISTAL IGNIS

22° capitolo

Questa volta le giovani figlie del sole vennero accompagnate davanti ad una spaccatura posta ai piedi del vulcano, dove spuntoni di roccia ricordavano tanto i denti aguzzi di Leo. Chiara tirò fuori dalla borsa il meteorite dal cuore pulsante. Appena dentro, questo emise una luce sufficiente a mettere in evidenza dei graffiti sulle pareti.

S’incamminarono l’una dietro l’altra, mentre il fedele leopardo  procedeva davanti a tutte seguito da Pola. I disegni erano molto semplici. Iniziavano con un sole che sembrava esplodere rilasciando nell’aria dei frammenti luccicanti, cinque dei quali sembravano semplici fiammelle, uno soltanto aveva l’aspetto di un meteorite. Tutti diretti verso un pianeta che assomigliava tanto alla terra.

I graffiti proseguivano mostrando cinque figure di esseri differenti. Erano disegni simili a quelli che fanno i bambini, elementari nella forma, ma sufficientemente significativi.

Ognuna delle cinque persone  rappresentate aveva qualcosa di particolare. La prima era stata disegnata con occhi e orecchie molto grandi. La seconda aveva lunghissimi capelli che giungevano fino a terra. La terza indicava con la mano destra un petto abnorme. La quarta indicava con la mano sinistra un ventre dilatato. L’ultima aveva le gambe più lunghe di tutte le altre.

Si riconobbero in quelle figure, senza nemmeno parlarsi. Era evidente come ogni loro dono era in esse rappresentato. La prima dalle orecchie e occhi grandi era sicuramente Chiara. Quella dai lunghi capelli Stella. Quella che con la mano destra toccava il petto era Pola, che rendeva i cuori docili. Quella che con la mano sinistra indicava il ventre, ovviamente era Lucilla, mentre le lunghe gambe suggerivano il potere di Marta, di coprire lunghe distanze in poco tempo.

«Non so se lo avete notato, ma tutte e cinque queste figure formano un corpo unico. Come se un essere supremo abbia diviso i suoi poteri con ognuna di noi.» disse intuitivamente Lucilla.

Il corridoio sembrava ancora lungo e continuarono a procedere verso l’interno. Nel mentre, Chiara faceva delle foto ai disegni, nutrendo la sensazione che potessero tornar loro utili. Improvvisamente Leo fece un balzo in avanti e iniziò a ringhiare ferocemente, tanto che si videro costrette a fermarsi.

«Leo piantala! Vedi di farci passare.» intimò seccata Pola al suo cucciolone.

«Non ti ho mai chiesto se il tuo potere ha un tempo, perché in tal caso ho paura che sia finito.» chiese più che mai spaventata Lucilla.

«Con gli umani non ha mai avuto una scadenza, spero di non dovermi ricredere ora.» rispose Pola mentre coraggiosamente cercava di avvicinarsi all’animale, il quale per nulla intimorito continuava a mostrare i denti aguzzi.

«Aspettate un momento.» Chiara con la luce del cellulare cercò di accecare Leo e in quell’istante mostrò una voragine senza fondo. «Praticamente ci ha salvato la vita.» aggiunse indietreggiando.

«Non me n’ero accorta.» ripose di rimando Pola cercando di chiamare tra le sue braccia Leo ormai acquietato dalla loro consapevolezza.

«Accendete tutte la luce dei cellulari, se li avete ancora in carica, ho l’impressione che ciò che stiamo cercando sia proprio laggiù.» disse Chiara mostrando loro la direzione da seguire.

«Lo abbiamo trovato! E’ il Cristal Ignis!» dissero in coro Stella e Lucilla.

«Mi fa piacere che siate tanto entusiaste, ma come faremo a raggiungerlo? Vi ricordo che dobbiamo rimanere unite.» disse Chiara smorzando così ogni entusiasmo.

«Se guardate in alto vi è una luce… deve essere caduto qui provocando questa voragine lo stesso giorno in cui noi siamo state colpite dalle schegge di sole.» ci tenne a precisare Pola. «E il rumore che proviene da sotto deve essere il lago Surprise. Io credo che nemmeno gli aborigeni siano riusciti a raggiungerlo.»

«E come avrebbero potuto? Hanno capito dai graffiti che servivano persone “speciali” per poterlo raggiungere.» continuò Chiara «Senza immaginare che quelle persone sarebbero state donne. Io credo si aspettassero degli extra terrestri.»

Improvvisamente Pola lanciò un grido! «E’ pieno di insetti qui sotto…!!!» Subito gli strilli vennero imitati dalle altre che volti gli occhi e le luci verso il basso si trovarono circondate da scarafaggi. Stella iniziò a suonare l’mbila. L’idiofono fece retrocedere le blatte, che infastidite tornarono da dove erano venute. Marta suggerì di controllare le immagini fotografate per trovare una soluzione. Nel frattempo, Stella trovò un passaggio molto stretto lungo il muro che dava su quella specie di precipizio.

«Pensate di raggiungere la meta, camminando sul cornicione di questo burrone? Mi spiace ragazze, ma qui finisce la mia partecipazione. Io soffro di acrofobia, ho il terrore dell’altezza, mi vengono le vertigini. Spiacente ma io non vi seguo.» si espresse ferrea Lucilla.

Marta si propose di portare tutte dall’altra parte, ma il luogo era piuttosto buio e sbagliare di poco il bersaglio, poteva dire perdere la vita. Appariva molto pericoloso accettare quella sfida che metteva a rischio tutte loro. Stella continuò a spingere per quello che riteneva un tranquillo percorso vulcanico. Stavano per incamminarsi quando Chiara le fermò perentoria.

«Guardate questa immagine! Si tratta di un tranello. Se procediamo da questa parte finiremo per non riuscire più a proseguire ne a tornare indietro.  Finiremo molto più probabilmente dentro il lago e allora sì che sarà la fine.»

«Ovvio, tutti i luoghi del tesoro hanno una trappola.» suggerì Lucilla.

«Ne sei sicura?» Le chiese Stella che ancora ci teneva a mostrare il suo coraggio.

Chiara non le prestò attenzione e rivolgendosi a Marta le disse:

«L’unico modo per arrivare al Cristal Ignis, sei tu.»

Lucilla disse ad alta voce quello che Marta stava esprimendo a gesti.

«Ma non è sicuro te l’ho detto. Se sbaglio, anche solo di pochi passi potrebbe essere la morte. Lo spazio – visto da qua – sembra davvero limitato. Non voglio questa responsabilità. Non me lo perdonerei mai se dovesse succedere qualcosa.» dopo quella traduzione aggiunse il suo parere «In fondo non ha tutti i torti.»

«Vi ricordo che se non prendiamo la pietra, finisce il mondo. Quindi nessuno avrà la possibilità di prendersela con qualcun’altro, perché sarà la fine per tutti.» rispose Pola.

Stella intervenne con fermezza, con un semplice:

«Allora andiamo! E’ tardi!» che convinse Marta a prenderle per mano. Aveva la pietra al collo e si immaginavano tutte che Leo per una volta non avrebbe fatto capricci attendendole lì.

In un baleno furono sopra lo sperone di roccia. Solo Stella, a causa del pesante asciugamano che portava sulla testa, perse l’equilibrio e scivolò fuori dalla piattaforma. Per poco non trascinò giù anche Pola, che riuscì con l’aiuto di Lucilla a trattenerla e ad aiutarla a risalire. Si allungarono tutte per sollevarla e con non pochi spasmi e trepidazioni riuscirono per un attimo a sentirsi in salvo, fin quando sentirono Leo ringhiare. Era stato trasportato anche lui su quel piccolo ripiano immerso nel nulla insieme a loro.

«Non posso credere che stavi per farmi cadere nel vuoto, per portare anche quell’animale!» si accalorò Stella quando si rese conto che era stata l’unica a scivolare fuori dal basamento. Marta cercava di giustificarsi a gesti come meglio poteva, ma Stella si era sentita in profondo imbarazzo per quella goffa risalita. Si considerava una guerriera e fare brutta figura non le era gradito.

«Basta litigare. Abbiamo una missione da compiere. Marta porgimi l’altro meteorite che hai nella borsa.» tagliò corto Chiara.

Quando entrambi furono l’uno accanto all’altro iniziarono a pulsare all’unisono con vigore. La loro luce diventava sempre più simile, fino ad unirsi come si trattasse di un unico pezzo di roccia in grado di illuminare a giorno quel luogo tanto simile all’inferno.

A distrarli da quel miracolo ci pensò Leo che divenne nuovamente aggressivo. Voltandosi verso di lui non ci misero molto a comprenderne il motivo. Un animale enorme, simile ad un serpente si stava avvicinando, accerchiandole.

«E’ un’anaconda!» Urlò Stella «Dobbiamo andarcene subito!»

Un grido unanime si levò intorno al meteorite che non sembrava volersi staccare dalla pietra sulla quale era caduto. Stella fece leva con la lancia nel tentativo, purtroppo vano, di sollevarla. Di tanto in tanto doveva fermarsi per scacciare quell’enorme serpente che le minacciava, giocando come fa il gatto con il topo. Leo cercò di azzannarlo e quasi ci riuscì, ma la lotta era impari e il rischio di farsi mordere era costante. Stella cercò di afferrare il suo strumento per tentare di ipnotizzarlo con il suono, ma si accorse di averlo perso nel momento in cui stava per cadere. Si sentirono vinte e senza alcuna possibilità di fuga. Anche Marta terrorizzata non sarebbe riuscita a portarle fuori. Quando si faceva prendere dalla paura le era impossibile utilizzare il suo potere.

Lucilla ebbe come un’ispirazione e tirò fuori dal suo zaino delle manciate di riso da lanciare a quell’animale, mai visto prima, ma si sparpagliavano perdendosi nell’acqua senza dargli alcuna soddisfazione. Chiara suggerì di usare della carne. Lucilla non se lo fece ripetere due volte e si mise a lanciare dei bocconcini di carne. Il cambio di menù sembrò più appetitoso per l’anaconda, che cominciò a seguire i pezzi come un cane con il lancio dell’osso. Quando fu sufficientemente lontana anche il meteorite con l’aiuto della lancia di Stella fu sollevato e Marta fu in grado di prenderle tutte per mano e portarle fuori.

Gli aborigeni le stavano aspettando con delle torce in mano, perché l’oscurità aveva già avvolto l’Australia.

«Ci siete riuscite!» gridò il capo incredulo, notando che reggevano tra le mani la pietra fluorescente, senza il minimo danno.

«Le avevo detto che eravamo noi le prescelte.» si affrettò a rimarcare Chiara.

Pola stava piangendo. Si volsero per capirne il motivo e videro Leo tremante sdraiato su di un lato, moribondo. Su di una zampa si poteva notare benissimo il morso del serpente, non era profondo, ma il veleno di sicuro era penetrato nel corpo del leopardo e ora lo stava consumando. Stella si affrettò a legare con un cordoncino la zampa. Cercò di spremere fuori il veleno, dopo aver inciso la ferita e presa la polvere rimasta la sparse fino a far asciugare il sangue. Una volta richiuso il sacchetto con quanto rimasto lo consegnò al capo degli aborigeni, mentre Chiara traduceva le istruzioni di Stella:

«Create una pomata unendo questa polvere a dell’acqua. Spargetela sulla ferita almeno due volte al giorno, fin tanto che lo vedrete di nuovo in piedi.»

«Vi prego, salvatelo.» disse loro Pola continuando a tirare su con il naso e sfregandosi con le maniche gli occhi prima di rivolgersi a Leo «Noi dobbiamo andare o sarà stato tutto inutile. Appena sarà possibile torneremo a prenderti. Mi raccomando, fai il bravo anche con loro. Ce la farai, ne sono sicura, amico mio!»

Prima di andare via, Pola strinse forte a sé il suo tenero micione. Lei che aveva sempre temuto gli animali, ora si sentiva morire all’idea di lasciare il suo caro micione. Marta la rassicurò che una volta finito tutto, sarebbero tornate e si convinse a prendere per mano le altre per raggiungere il Monte Olimpo.

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