About monicazarantonello

Monica Zarantonello nata a Bologna nel febbraio del 1971. Sposata nel 1991 e madre di tre figli. Ereditando dal padre la passione per i viaggi si è diplomata come operatrice turistica, mentre la radicata convinzione religiosa unita all'interesse per la psicologia e le relazioni pubbliche l'hanno indirizzata al ruolo di accompagnatrice turistica specializzata in pellegrinaggi con l'apertura di un blog. Poliedrica e volitiva si è saputa adattare anche al ruolo di decoratrice di torte e alla biscotteria. Ha lavorato diversi anni nel salone di bellezza della sua famiglia senza mai abbandonare la scrittura, che ha sempre coltivato fin da bambina. Ha pubblicato la trilogia del mistero (Il mistero dell’Eterna Giovinezza nel 2018 – Il mistero della felicità altrui nel 2019 – Mistero Donna 2020) con la casa editrice Booksprint.

PRIMA TAPPA: ARGENTINA

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

PRIMA TAPPA: ARGENTINA

13° capitolo

Una volta giunto a Buones Aires, Pluto fu accolto da un giovane dalla pelle biscottata e gli occhi simili a due gustose nocciole:

«Amico mio che piacere vederti! Sei più basso di quanto immaginassi.» disse chinandosi per abbracciarlo.

«E tu più calvo di quanto mi aspettassi…»

Una sonora risata e una stretta di mano furono il primo approccio a quell’amicizia che finalmente da virtuale diventava reale.

«E’ strano vederti di persona… E mi sembra un sogno essere arrivato fin qui sano e salvo. Se penso che dovrò anche tornare indietro… mi sento male.» gli rispose Pluto mentre cercava di non cedere ad un repentino mancamento. «Credo di essere intollerante ai viaggi aerei

«Non penso esista un’intolleranza del genere, ma sembri davvero molto provato. Non sei riuscito a dormire durante il volo?»

«Perché? C’è qualcuno che riesce a farlo? Oltre al Troll che mi russava nelle orecchie e continuava a fare puzzette disgustose… ho passato più tempo al bagno che seduto al mio posto… e in tutta onestà non so dirti dove fosse meglio.» Nelle sue affermazioni sembrava piuttosto serio, ma l’amico consapevole della sua ironia non la smetteva più di ridere.

Una volta giunto nella sua camera d’albergo, crollò sul letto senza nemmeno darsi la possibilità di fare un bagno e nella medesima posizione venne svegliato diverse ore più tardi per recarsi alla tenuta di quella che poteva essere la prima delle prescelte.

 

Quando fu davanti a Chiara, la pietra dal cuore pulsante iniziò a surriscaldarsi diventando incandescente, tanto che Pluto dovette tirarla fuori con l’aiuto della sciarpa che teneva al collo, per paura che fondesse le carte che il professore gli aveva diligentemente consegnato. Secondo lui gli sarebbero state fondamentali per meglio orientarsi da terra, ignaro dell’uso indiscriminato che i giovani fanno di Googlemap.

Davanti a quell’inequivocabile segno e sicuramente per via del suo sesto senso, Chiara non ebbe alcun dubbio sulla sincerità del suo inaspettato visitatore e soprattutto sulla gravità della situazione. Volle lei stessa unirsi a lui in quella ricerca delle altre prescelte. Per la prima volta si sentì libera di parlare delle sue capacità.

«Vedi ombre anche dietro di me?» chiese titubante Plutone che non aveva certo l’animo spavaldo.

«No. Ma non sempre mi è dato di vederle. Io credo sia solo quando il mio intervento può fare la differenza. Non è però la mia sola peculiarità. Io a volte sento le cose che vengono dette a distanza, oppure quelle che la gente pensa. Non ho mai rivelato volentieri quello che sento e provo per paura di essere derisa e mi sono sempre domandata perché proprio a me. Ora finalmente conosco la risposta. Non sono strana per nulla, ma ho una missione da compiere.» Con un sorriso imbarazzato le si colorirono le gote mentre entrambi volgevano lo sguardo fuori dai finestrini di un furgoncino privo di ammortizzatori.

 

Il marito di Chiara era stato informato solo in parte di quello che stava succedendo e dell’impresa nella quale si stava imbarcando. Durante il tragitto Chiara ripensò alla conversazione avuta con lui. Lo aveva convinto a lasciarla andare tranquilla perché conosceva ogni suo pensiero, ma si sentiva comunque in colpa per non avergli potuto rivelare la gravità della situazione cui andava incontro.

«Così, all’improvviso? Sei sicura che si tratta di una cosa seria, voglio dire, te ne vai con uno che nemmeno conosci, ho solo paura che sia una truffatore e possano farti del male.»

Il marito era un uomo piuttosto logico e razionale, non sapeva nemmeno che possedeva doni inaspettati, quanto incredibili.

«In verità lo conosco e sono in contatto con la sua ditta da diverso tempo. Non ti ho detto niente prima perché non sapevo se questo progetto sarebbe andato a buon fine e non volevo ti preoccupassi per nulla. Era … è piuttosto futuristico, ma tu sai quanto ci tengo al mio lavoro e questa società può darmi grosse opportunità di avanzamento e …» con un bacio riuscì a tranquillizzarlo «non ci vorrà molto. Tornerò prima che tu possa accorgerti della mia assenza.»

Mentire sembrava l’unico modo, anche se doloroso, per potersi allontanare.

«Questo lo ritengo impossibile. Mi manchi già prima di essertene andata, ma capisco quanto sia importante per te.»

Il loro amore era sbocciato dopo la caduta dell’ombra dal suo occhio e anche per lei allontanarsi era doloroso, ma capiva bene che vi era un’ottima motivazione. Non poteva sottrarsi al suo destino, che sarebbe diventato quello di tutti.

 

«Ti aiuterò a trovare le altre prescelte.» aveva risposto Chiara a Plutone «Sono tutte come me? Voglio dire, fanno quello che faccio io? Le sento come sorelle, anche se non le ho mai viste. Ho un desiderio incontrollabile di incontrarle, che nemmeno io comprendo.»

«A quanto ne so, avete tutte poteri differenti. Insieme dovrete trovare il Cristal Ignis e portarlo all’IRAM. Lì troveremo il modo di riaccendere il sole, quando arriveranno i tre giorni di buio. Speriamo solo sia altrettanto facile convincerle.»

In quel preciso istante ella si volse verso di lui:

«Dobbiamo andare in Canada, ora!»

«Cosa? No, ti sbagli. E’ l’unico posto dove non sono riuscito a trovare la prescelta. Il Prof. Magus – che ha seguito la scia di ognuna – ha detto che si trova probabilmente vicino ad una riserva naturale, ma ancora non sono riuscito a localizzare nessuno con poteri speciali da quelle parti…»

«Mi è arrivato questo messaggio, non so da dove… o forse… forse lo so… cosa c’è nella tua tasca?»

Plutone tirò fuori il suo pezzo di meteorite ingrigito. Chiara lo prese tra le mani come fosse un tesoro prezioso e lo avvicinò all’altro dal cuore pulsante. In quell’istante ebbe la visione del luogo esatto nel quale avrebbe trovato la sorella canadese.

«Non preoccuparti. So io dove si trova.»

Presero il primo volo per Calgary, l’aeroporto più vicino al Moraine Lake. Pluto non aveva ancora assorbito il fuso orario che già doveva abituarsi ad un nuovo lungo viaggio, ma non essendo più solo, e con quella donna speciale al fianco, riuscì a riposare. Il tocco di Chiara lo aveva fatto addormentare prima del decollo. Non si sarebbe nemmeno accorto di aver volato. E lei avrebbe potuto riposare tranquilla pensando a quello che aveva lasciato, a quello che avrebbe trovato e a ciò che sperava di non perdere.

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SI PARTE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

SI PARTE

12° capitolo

Pressato dal malumore e dallo stato di salute del Prof. Magus, Pluto decise di mentire. Affermò che aveva trovato anche l’ultima prescelta e che era giunto quindi il momento di andare a prelevarle, per trovare finalmente il Cristal Ignis.

«Sei sicuro che si tratti proprio della canadese che stavamo cercando?»

«Se non fossi sicuro pensa che sarei così contento?» e mostrò uno splendido quanto falso sorriso «Non è nemmeno necessario che le mostri tutto quello che ho trovato, tanto non mi crede mai. Per una volta può fidarsi e basta? Se troverà più informazioni di me basterà che mi contatti, nel frattempo procederemo come abbiamo detto. Le porterò in breve tutte le prescelte, promesso.»

«Io credo che l’una serva all’altra o qualcosa del genere. Un motivo c’è sempre e dobbiamo seguire gli schemi che le stelle ci hanno tracciato se vogliamo avere qualche…, qualche speranza.» lo redarguì il professore abbottonandogli la giacca come farebbe la mamma con uno scolaretto. «Prendi questa sacca, vi ho messo dentro le carte stellari perché tu ti possa orientare meglio, un cellulare e il meteorite che riaccenderà il suo cuore pulsante non appena sarai accanto ad una di loro, o almeno così sta scritto.»

«E’ proprio sicuro, che funzioni così?» lo interruppe dubbioso Pluto prendendo in mano la pietra, che dava l’idea di doversi spegnere definitivamente da un momento all’altro.

«Rimettila dentro e non farla vedere a nessuno. Funzionerà. Il nono Magus era sicurissimo che avrebbe funzionato e fino ad ora è andato tutto come aveva previsto, quindi, non vedo per quale motivo ti vengano certi dubbi.»

Cercando di cambiare discorso per tranquillizzarsi disse: «Dovrai andare prima di tutto in Argentina… sono preoccupato, lo ammetto. Non hai mai viaggiato e non sei molto pratico. Forse dovresti stare a Buenos Aires prima di andare in quella tenuta…»

«Non si preoccupi, so come fare. Mi sono informato e mi ha istruito molto bene, su tutto. Le troverò e tornerò vittorioso con il Cristal Ignis. Salveremo il pianeta dal buio assoluto, caro professore. Si fidi di me.» disse gonfiandosi il petto come un galletto.

Controllò nuovamente tutto quello che gli era stato messo dentro la sacca infilandosela poi come fosse uno zaino alle spalle. Il professore gli aggiunse all’ultimo una mela e dell’acqua. Pluto sorrise e lo ringraziò regalandogli un abbraccio. La sua avventura stava per cominciare e lui era emozionatissimo.

Il Prof. Magus, lo guardò scomparire all’orizzonte con passo sicuro. Sentiva che il suo corpo stava per spegnersi, ma sperava con tutte le sue forze, di vedere un lieto fine. L’aveva atteso e preparato da sempre. Il timore però, che quello fosse ormai un compito non più suo, gli aveva procurato una ferita dolorosissima. Questo era stato il motivo per cui non aveva parlato delle condizioni in cui versava ormai da troppo tempo la sua salute.

Il viaggio di Pluto è finalmente iniziato, ma non mi sembra molto pratico di aerei e mezzi di trasporto in grado di portarlo da una parte all’altra del pianeta. Inoltre non ha ancora trovato la prescelta Canadese e senza quella sarà stato tutto inutile…

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MAI PERDERE LA SPERANZA

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

MAI PERDERE LA SPERANZA

11° capitolo

«Pluto, dimmi a che punto sei? Hai trovato l’asiatica e la canadese?» il Prof. Magus era entrato nella stanza in modo deciso e serio.

«Forse.» rispose in tono altrettanto deciso mentre alzatosi gli faceva cenno di accomodarsi al suo posto.

Il Prof. Magus abbassò la poltrona piena di cuscini, rassegnato all’ennesimo buco nell’acqua, ma pronto a non mostrare il suo stato d’animo affranto. Aveva nuovamente perso fiducia in quelle assurde ricerche sul web. Le considerava sciocchezze volutamente ingigantite per attirare l’attenzione di sciocchi creduloni; informazioni inutili a loro, come a chiunque altro. Eppure, il desiderio di trovarsi davanti ad un titolone da giornale ben preciso che facesse dire loro abbiamo terminato la ricerca, non svaniva mai. Prima di mettere a fuoco la vista gli sembrò di leggere: “Trovate le prescelte che salveranno il mondo”. Rendendosi conto che sarebbe stato troppo facile, sistemò meglio gli occhiali e accese un video:

 

Anche nel Laos le donne possono diventare imprenditrici 

 

Mi sono recata a Pak Mong per incontrare una tra le donne più significative del patrimonio culinario del Laos. Lucilla X. non ha davvero nulla da invidiare ai migliori chef del mondo. Con pochi ingredienti è in grado di creare cibi raffinati e ricchi di un sapore unico. Non è una cucina povera, ma sicuramente sana quella che ci propone. Carni grigliate o al vapore, tante verdure e riso. […]“I grassi non le servono per dare sapore” mi dice orgogliosa, infatti basta una manciata delle sue erbe aromatiche per addolcire, insaporire e piccare ogni pietanza dandole un gusto unico e a quanto pare, irripetibile. Possiamo davvero dirlo, dal momento che diversi chef hanno tentato in tutto il mondo di imitarla, ma la sua ricetta speciale di spezie è ancora un segreto. […] Non possiamo che augurarle di aprire molti altri ristoranti per far assaporare a tutti le delizie di una terra che ancora molti non conoscono.

 

         Deluso e meravigliato il Prof. Magus si tolse gli occhiali per guardare negli occhi il suo aiutante che sembrava invece assai entusiasta.

«Questa volta non ci siamo proprio, Pluto. Hai forse fame? Non ti do sufficientemente da mangiare? … Come ti è venuto in mente che questa donna possa essere la nostra prescelta? Cosa potrà mai avere a che fare il cibo con la nostra missione. Le brave cuoche non hanno mai salvato il mondo nemmeno nelle favole.»

«Prof. aspetti!» gli urlò mentre stava per andarsene sbuffando frasi incomprensibili. «Posso capire che le sembri strano, eppure a me è venuto il solito prurito quando ho letto la notizia e …»

«Allora lavati le mani. Secondo me è colpa di quella pietra che tieni sempre nel pugno. Non ti fa più ragionare bene. Forse ha perso il suo potere. In tutti i modi mi sembra tu stia esagerando, se non impazzendo del tutto. Vuoi vedere per forza qualcosa, anche dove non vi è nulla.»

Plutone però era intenzionato ad esporgli le sue ragioni.

«Non mi meraviglia il suo scetticismo, era anche il mio, eppure, ho voluto fare altre ricerche su questa donna e sono venuto a conoscenza di alcune cose alquanto strane. Nessuno sa niente della sua famiglia, solo che era molto povera, mentre ora possiede numerosi ristoranti e tutti assai rinomati. Ha dato un lavoro e un tetto sulla testa ad un numero imprecisato di persone che prima vivevano in strada. La gente invece di tenersi lontana, cerca i suoi ristoranti e dice che non ha mai mangiato nulla di più buono. Non è una cosa normale. Nessuno metterebbe dei poveri a servire a tavola, ancor meno li metterebbe a cucinare e cosa ancora più inaudita è trovare chi faccia a gara per farsi servire da clochards. E’ inverosimile questa storia perché anche a lei non venga in mente che vi è qualcosa di innaturale in tutto questo.»

«Suvvia, quanti anni hai? La sindrome di Hans Christian Andersen quando finirà? Non vi è magia o stregoneria, ma solo scienza per noi. Altrimenti non hai davvero capito nulla di ciò che stiamo facendo qui. I giornali ingigantiscono e miticizzano le notizie solo per vendere più copie. Sei stato troppo fuori dal mondo per comprenderlo. Ti sei fatto manipolare come il più ingenuo dei babbani.»

«Prof., non sapevo avesse letto Harry Potter.»

«Mi ero semplicemente innamorato della Rowling e volevo avere qualcosa di cui parlare nel caso un giorno ci fossimo incontrati… Tornando a noi è ora di finirla con queste sciocchezze o domani mi vorrai convincere che invece di prescelte cerchiamo degli uccellini.»

L’astrologo si stava convincendo sempre più che quel metodo era completamente assurdo e fuorviante. Lo aveva assecondato solo per quella smania di raggiungere un risultato soddisfacente, ma ora gli risultava palese che si era trattato di uno sbaglio.

«Mi spiace mostrarti tanta diffidenza caro Pluto, ma a volte ho come l’impressione che ci stiamo arrampicando sugli specchi. Ti ordino di smetterla. Non è così che troveremo le ragazze… ormai donne. Abbiamo lasciato passare troppi anni e sono stato io il primo a sbagliare facendoti andare avanti per questa strada. Avremmo dovuto coordinare le nostre forze con una maggior sicurezza sulle carte astrali, leggendo i segni del cielo e non rivolgendoci alla terra. Dobbiamo ritornare ai metodi tradizionali. Solo le stelle possono dirci come fare e nessuna news accattivante o frivola, potrà avvicinarci alla meta, dei due ci può solo confondere. Basta. Lascia stare tutto e rimettiti a studiare le stelle insieme a me. Non accetto obbiezioni! Se vuoi rimanere qui dovrai fare come dico io.» uscì sbattendo la porta.

«Non l’ho mai visto in questo stato. Sono davvero preoccupato.» disse Pluto al carboncino «Ma noi sappiamo che la strada è quella giusta. Non smetteremo di cercare… dobbiamo solo trovare la canadese. Una volta che avremo le coordinate anche di quella, potrò dimostrargli che ho ragione. Le stelle non sono sufficienti, ci vuole il tuo potere, pietra grigia… nelle mie mani ovviamente e con il mio cervello.»

Durante il giorno Pluto seguiva gli ordini di Magus, ma la sera tirava fuori dal suo armadio a muro il portatile e si rimetteva al lavoro cercando di approfondire le sue ricerche. Quell’ultima prescelta era però davvero introvabile. Cominciò a pensare che avesse il dono di rendersi invisibile o addirittura che potesse cancellare la memoria delle sue vittime. Gli sembrava oltremodo assurdo che non avesse mai fatto una mossa falsa atta a smascherarla.  Il prof. Magus lo costringeva a guardare il cielo con maggior insistenza e aveva sempre meno tempo da dedicare alle sue ricerche, tanto che spesso si addormentava seduto davanti al suo pc.

 

Una sera il professore entrò nella stanza di Pluto attirato da alcuni rumori e lo trovò di nuovo intento a fare ciò che gli aveva proibito.

«Pluto! Starai ancora perdendo tempo sul web! Ti avevo avvisato! Ora dovrò toglierti il computer. Ti sei fatto lobotomizzare da questa diavoleria!»

Afferrò il portatile con un gesto rabbioso per buttarlo fuori dalla torre. Era esasperato dall’avanzare inesorabile della sua malattia e dall’incapacità di ottenere risultati, tanto che non riusciva nemmeno più a chiudere occhio. La salvezza del mondo intero poteva essere legata a quel gesto e Pluto lo sapeva bene. Se avesse distrutto quell’arnese, come recuperare tutti quegli anni di ricerche. Il suo sguardo mostrava tutto l’allarmismo dovuto alla disperazione di dover ricominciare daccapo. Fortunatamente, dei repentini colpi di tosse fecero rallentare l’inesorabile gesto. Ci voleva solo quell’incertezza per dare la possibilità al suo allievo di afferrare al volo il portatile.

«Ecco, siamo arrivati al punto in cui non hai nemmeno più rispetto per me!» lo rimproverò Magus, cadendo in ginocchio mentre si tratteneva il petto.

«Non faccia così Magu. La canadese sembra introvabile, ma ho pensato che, forse si è trasferita. Forse non si trova più dove la stiamo cercando. E’ l’unica cosa che mi viene in mente, per dare una spiegazione al nulla assoluto.»

«No Pluto. Abbiamo fallito. Ecco spiegato tutto. Io ho fallito, anche nell’educarti. Non sono stato in grado di capire le stelle, figuriamoci educare te a farlo. Mi sono affidato troppo a ciò che altri hanno scritto senza trovare nulla di mio da decifrare. Sono un’incapace.»

«Le proibisco di parlare in questo modo del miglior maestro di astrologia che io abbia mai avuto.» aiutandolo a sollevarsi da terra «E’ solo molto stanco. Sono giorni che non chiude occhio. Me ne sono accorto sa? Le stelle sono state chiare e lei ne ha decifrato benissimo i segni. Ero accanto a lei quando il meteorite è caduto, non lo ricorda? Abbiamo preso insieme le coordinate. Troveremo anche l’ultima, glielo prometto.»

Lo accompagnò nella sua camera e riuscì a metterlo a letto, per poi ritornare alla sua postazione più grintoso di prima, desideroso solo, di poter avvalorare le sue teorie.

 

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IL TEMPO STRINGE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

IL TEMPO STRINGE

10° capitolo

«Prof. Magus! Come si sente?» chiese con apprensione Plutone allungandogli una tazza fumante.

«Avvilito caro Pluto, non sono all’altezza dei miei predecessori. Sono riuscito a trovare solo il luogo dove è caduto il meteorite e forse una prescelta, ma non ci servirà a nulla. Per giunta, è passato troppo tempo, non le troveremo più.  Che vergogna… non sono degno di essere chiamato Magus.»

«Veda di non esagerare Prof. lei ha fatto del suo meglio, ma queste attrezzature sono piuttosto obsolete e fatiscenti… come poteva pensare di seguire delle piccole schegge di sole… secondo me ha fatto fin troppo!»

Il professore si alzò di scatto dalla sua sedia con l’indice puntato in alto. «Quello che hai detto è al pari di una bestemmia in questa accademia! Dovrei farti espellere! Come puoi pensare di diventare un Magus se non confidi pienamente nella volta celeste e non comprendi l’importanza dei pianeti? Noi non seguiamo la semplice vista o traiettoria, noi interpretiamo i segni, i movimenti degli astri… è una dottrina più che precisa!»

«Le chiedo scusa, ma ora vi sono apparecchiature così sofisticate che riescono a fare cose incredibili…, mentre noi siamo messi… così…» e allungando le mani si girò su se stesso nella speranza di renderlo più consapevole delle loro disponibilità.

Era molto umiliante per il professore ammettere che da quando non vi erano più stati allievi in grado di pagare la retta, i fondi erano venuti meno, quindi non si erano più fatti investimenti e tutto sembrava cadere a pezzi. Riconosceva però che i suoi predecessori avevano avuto anche meno a loro disposizione, eppure erano riusciti a leggere nella volta celeste lasciando ai posteri grandi profezie… a lui il compito di realizzarne una soltanto e nemmeno questo si sentiva di riuscire a fare. Si sedette mentre Pluto cercava di rincuorarlo, invitandolo nuovamente a bere la sua tazza di infuso caldo.

«Non cercare di indorarmi la pillola. I miei predecessori non avevano nulla di tutto ciò eppure, sono stati dei grandi Magus. Sono la vergogna del mio ordine. Dovrei farti tornare a casa. Non sono degno di insegnarti nulla e quello che hai appena affermato ne è la dimostrazione.»

«Ma bene! Dopo aver condiviso con lei i migliori anni della mia vita, vuole sbarazzarsi di me. Io dico che non sarà così semplice. Proprio grazie alla sua bravura di insegnante ho fatto grandi progressi e ora glielo dimostro

«Cosa stai dicendo?» gli domandò scettico arricciando il naso e le sopracciglia il Prof. Magus.

Pluto era consapevole di non aver ancora portato a termine la sua ricerca, ma capiva che doveva dare a quel vecchio una speranza. «Coraggio Prof. anch’io ho lavorato in tutti questi anni al suo fianco raccogliendo informazioni, solo che l’ho fatto… a modo mio.»

Andò a prendere il pc e gli mostrò una cartella sulla quale erano stati copiati articoli interessanti e quanto mai bizzarri, presi da blog e riviste on line di ogni parte del mondo.

«Ascolti questo video. Sono sicuro che la riconoscerà anche lei. Questa bambina francese è la prima che ho trovato, ora è una donna, ma sono assolutamente certo che sia la prescelta europea. In questa zona deve esserci l’africana e qui l’argentina»

Gli mostrò poi una cartina sotto la quale vi era la foto di un fenomeno luminoso fotografato e pubblicato da un turista.

«…guardi, guardi se non ho ragione. Casualmente in Argentina circa un anno fa si sono verificati dei fenomeni luminosi intermittenti. Alcuni hanno ipotizzato si trattasse di un Ufo, altri che potessero essere delle pietre preziose che riflettevano i raggi lunari, altri ancora che si trattasse di un assurdo scherzo. Eppure, quella luce che proveniva da una zona agricola a pochi chilometri da Buenos Aires è il luogo dove abita una certa Chiara, originaria di quella città appunto. Sposatasi un paio di anni fa con un ricco proprietario di un’Estancia, una fattoria, per intenderci. Sono quasi certo che si tratta della prescelta sudamericana. I fenomeni luminosi sono sicuramente opera sua, poiché si sono verificati nell’aria circostante la sua tenuta. Ed è l’unico evento luminoso o particolare, che in tutti questi anni può far pensare a una delle nostre ragazze.»

I ruoli sembravano essersi scambiati. Ora era Plutone ad impartire lezioni al professore, che lo guardava esterrefatto. L’interesse che stava dimostrando lo spronò a mostrare tutto il suo lavoro. «Grazie alle sue indicazioni e alle mie ricerche siamo riusciti a trovarle … quasi tutte.»

Magus reputava quegli articoli assurdi, semplici coincidenze, chiacchiere senza senso o logica, eppure qualcosa lo spronava a leggere, ad ascoltare, ad andare avanti di pagina in pagina, sfogliando quelle didascalie e quei titoloni con immagini a volte distorte, a volte sbiadite. Forse era solo il desiderio di credere in qualcosa che gli permetteva di pensare che non tutto fosse tutto perduto. Voleva aggrapparsi alla speranza, anche la più incredibile e illogica, che davvero tutti quegli anni fossero almeno serviti a qualcosa.

«Non solo ho cercato informazioni sul web per localizzare le prescelte, ma ho anche cercato qualcuno del posto, che mi aiutasse a confermare le mie supposizioni. E’ così che mi sono sincerato che questa di nome Marta è la prescelta europea che stiamo cercando. Questi sono i suoi calcoli e questo è il paese dove abita. Non ci possono essere dubbi. Se mettiamo insieme tutte le informazioni che abbiamo non può che essere lei, visto che al momento dell’impatto non c’era che un’unica bambina in quel paese, gli altri, erano tutti anziani. Guardi, guardi bene! E’ scritto qui.» e gli indicò con il dito ingrandendo l’articolo dell’epoca che si era copiato. Ogni informazione era ben catalogata in cartelle ordinate per continenti.

«Non avrai rivelato ad altri quello che deve accadere?»

«Certo che no! Può stare tranquillo, so essere discreto. Nessuno è al corrente della profezia. Ho però cercato chi potesse avvalorare le mie supposizioni, facendomi alcuni amici nella zona interessata dai nostri calcoli. Solo per sincerarmi che davvero le mie ipotesi fossero giuste e le posso assicurare che lo sono.»

Il Prof. Magus era letteralmente senza parole. Non sapeva cosa dire. Guardava Plutone e comprese in quell’istante che non era più il fragile e timido ragazzino ben poco talentuoso che gli avevano consegnato diversi anni prima. Improvvisamente si sentì terribilmente invecchiato e temette di non avere il tempo necessario per veder realizzata la tanto attesa profezia del Nono Magus. “Forse non sono io a doverla realizzare.” Si disse tristemente e per celare il rammarico chiese con tono quasi astioso:

«Quindi le hai trovate tutte?»

«No, non tutte, … ancora. Infatti, volevo aspettare prima di parlarle dei miei progressi, per non deluderla. Tanto più che mi ha ripetuto per anni che non possiamo muoverci in alcun senso fin tanto che non le abbiamo trovate tutte.» disse in tono canzonatorio, per sottolineare quanto avesse imparato a dovere la lezione.

Il Prof. Magus assentì e si alzò cautamente. Si sentiva in colpa per aver provato un sentimento di gelosia nei confronti del suo assistente. Comprendeva bene quanto impegno aveva messo, forse più per farlo contento che per vero interesse, ma non riusciva a dirgli quel “bravo” che nemmeno a lui, avevano mai detto. Il suo orgoglio stava lottando con la parte più emotiva del suo essere. Non voleva mostrarsi debole, eppure il carattere inflessibile del professore si stava inevitabilmente ammorbidendo. La fierezza e l’amor proprio stavano lasciando il posto all’affetto e questo gli fece cadere ogni reticenza e finalmente riuscì a dire quella riluttante parola che non udiva da anni.

«Bravo, bravo! Ti sei davvero impegnato molto, ma non credo che riusciremo mai a trovarle tutte in questo modo. Se non ci sei riuscito in tutti questi anni, è impossibile che tu lo faccia ora che non abbiamo più tempo a disposizione.»

Quell’imprevisto ammorbidimento momentaneo dette il coraggio a Pluto di aprire il suo pugno per mostrare il carboncino.

«Se sono riuscito a fare qualcosa di buono è merito delle sue coordinate professore, ma anche di questa pietra. So che non avrei dovuto prenderla senza il suo permesso, ma mi ha dato forza e coraggio e … soprattutto mi ha illuminato la mente. Mi ha dato modo di avere delle intuizioni che non avrei mai avuto senza.»

L’astronomo sorrise. Quel piccolo meteorite spento – a parer suo – era morto da secoli, ma si compiacque dell’iniziativa che lo aveva reso così produttivo. Invitato a sedersi cercò di dargli soddisfazione continuando a leggere le cartelle del file soprannominato “PRESCELTE”.

 

Strani fenomeni climatici mettono in ginocchio il Sudafrica!

In pochi giorni quella che era conosciuta da tutti come una regione ricca di vegetazione e di acqua si è trasformata in una delle zone più secche della terra. Per quanto le autorità abbiano fatto per risanare l’area interessata la terra continua ad inaridirsi e a morire.

[…] Ha destato stupore la velocità con la quale la situazione si è risanata nel giro di una notte dopo tanti tentativi falliti. C’è chi ipotizza che sia merito di tutto il lavoro precedentemente svolto, ma c’è anche chi ritiene che abbia fatto la differenza uno stregone San che ha preso fissa dimora nel Parco Nazionale Kruger e del quale si è persa ogni traccia. …

 

L’articolo continuava con cifre e dettagli che al Prof. Magus sembravano solo dettagli irrilevanti.

«Come può questo articolo condurci alla prescelta?» chiese curioso l’astronomo.

«Non so che dirle, forse un’intuizione o piuttosto il fatto che non vi siano altre notizie degne di nota nella zona

«Capisco le tue ragioni, ma qui si parla di un uomo. Uno stregone. Noi stiamo cercando delle donne.» puntualizzò con disappunto.

«Ha ragione, ma ho come l’impressione che, se le sue coordinate sono giuste, questo è l’unico fenomeno che ci può far pensare ad un evento straordinario. Chi può aver modificato l’aspetto del paesaggio in così breve tempo se non una persona dotata di super poteri. Magari questo stregone conosce la nostra prescelta e la sta proteggendo.»

«Tutto è possibile. Approfondisci pure. Hai fatto un notevole lavoro, ma non dobbiamo dimenticare che siamo astronomi, che le risposte ci devono  arrivare dalla lettura delle stelle e non dal web. Visto e considerato però, che siamo ad un punto morto, non vorrei che per la mia inettitudine ci si precludesse anche questa opportunità. Rimane la regola che fin tanto che non le avremo trovate tutte, non possiamo avvicinarle e cosa ancora più importante, non parlare di ciò che deve accadere con nessuno. Mi raccomando.» Si fermò perché non riusciva a continuare a causa di alcuni colpi di tosse. «Ormai non ci è rimasto molto tempo e anche i miei anni…»

«Non dica così Prof., lo ha detto fin dall’inizio che per questo compito serviamo entrambi. Vedrà che insieme ce la faremo.»

Pluto stringendo la sua pietra sentiva di avere tutte le forze e le capacità necessarie per vincere quella sfida, anche a nome del professore. Si abbracciarono commossi. L’astrologo – per la prima volta – non si sentì solo in quella ricerca, doveva dare ancora una volta ragione alle stelle. Il tempo predetto stava per compiersi, ma ora vedeva un piccolo barlume di speranza all’orizzonte in grado di farlo sentire ancora necessario.

 

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INIZIANO LE RICERCHE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

INIZIANO LE RICERCHE

9° capitolo

Il Prof. Magus svegliò Plutone con una pacca sulla testa. Stava russando rumorosamente sul tavolo pieno di carte stellari, impiastricciandole di saliva. In quello stesso istante, un’esplosione sulla superficie solare rilasciò un corpo luminoso che a contatto con l’atmosfera ebbe un impatto tale, da alleggerirla di piccolissimi frammenti brillanti, prima di cadere nelle terre dei Gunditjmara (il popolo aborigeno australiano proprietario di gran parte delle aree del parco nazionale di Budj Bim).

Il Prof. Magus non si meravigliò affatto che il meteorite avesse scelto proprio quell’area, per posizionarsi sul nostro pianeta. Si tratta infatti della più ricca, di leggende e di enigmi sulla faccia della terra”. Le schegge di sole vennero spinte assai più lontano, in Sud America, Africa, Asia, Europa e in ultimo in Canada.

«Non aveva detto che doveva essere preciso il luogo in cui cadevano i pezzi? A me sembra che ci siano parecchi chilometri da esplorare. Lasciamo stare tutto. Quel che deve succedere succederà a prescindere.»

Il Prof. Magus abbracciò Plutone con le lacrime agli occhi. Non aveva nemmeno ascoltato le sue parole. Vedere quel fenomeno che da sempre era stato predetto lo aveva emozionato oltre misura. Piangeva come un bambino ad una festa a sorpresa. Gli anni che seguirono furono spesi tutti nella ricerca del Crystal Ignis e delle giovani prescelte.

 

Il tempo era passato inesorabile e la ricerca delle Figlie del sole era ancora in alto mare quando…

«Pluto, Pluto! Dove sei? Ci siamo!» Gridò il Prof. Magus, mentre cercava il suo aiutante da una stanza all’altra. «Ci siamo!»

«Vuol dire che ha deciso di darmi retta e lascia perdere questa assurda ricerca?» Rispose senza nemmeno alzare la testa da una pila interminabile di fogli sulla sua scrivania.

«No Pluto, no! Sto dicendo che ho le coordinate della fiammella caduta in Sud America. Per l’esattezza in Argentina … a Buenos Aires!»

Plutone alzò lo sguardo, raggrinzì le labbra e con un movimento compiaciuto del capo, senza perdere il suo tono ironico gli rispose:

«Perfetto! Ha una vaga idea di quante persone vivono in quella città?»  Dopo aver fatto una velocissima ricerca nel portatile che aveva davanti, continuò: «Allora… A Buenos Aires ci sono quasi tre milioni di abitanti su una superficie di oltre 200 km². Secondo i suoi piani queste traiettorie sono precise?» Lo guardò come si guarda un folle.

Il Prof. Magus, si rendeva conto che poteva sembrare un’impresa impossibile, ma aveva un asso nella manica ed era venuto il momento di tirarlo fuori. Chiamò vicino a sé Plutone e come per rivelare un segreto che nessuno doveva sentire, gli sussurrò all’orecchio:

«Vieni a vedere!»

Lo condusse dentro la biblioteca. Toccò un libro pieno di polvere che aprì uno scaffale innanzi a loro, mostrando una stanza chiusa probabilmente da secoli. Era vuota e i loro passi lasciavano ampie impronte sul pavimento impolverato. Al centro vide tre piedistalli. Uno conteneva un frammento grigio simile al carboncino, l’altro un frammento nero simile a lava vulcanica con un cuore rosso pulsante, l’ultimo era vuoto. «Questo è ciò di cui abbiamo bisogno (oltre a quanto già sai) per completare l’opera cui siamo stati destinati!» disse fieramente l’astrologo.

«Non capisco.» rispose dubbioso Plutone.

«Queste pietre sono meteoriti solari. Una è ormai spenta del tutto, ma quest’altra – come puoi vedere – ha ancora un cuore vivo e pulsante al suo interno. Non possiede la forza necessaria per vincere il buio senza l’aiuto delle prescelte, ma ti potrà essere utile per trovare loro e l’ultima che abbiamo visto cadere in Australia. Quando le incontrerai la luce diventerà più intensa. Così almeno ci suggerisce il libro delle profezie.» Indicò un grosso volume chiuso in una teca solitaria.

«Ah bè, se la mette così, sarà un gioco da ragazzi!» rispose evidentemente seccato, per poi riprendere con un tono più alto «Potrei girare per le strade di Buenos Aires per una vita intera senza mai avvicinarla! Non è che per caso quest’altro è un cercapersone?» disse indicando il carboncino «Magari facciamo prima. Ma certo!» proseguì folgorato dalla sua spiccata ironia «In quell’arcaico volume c’è scritto nome e cognome, ovviamente!»

«Purtroppo, non ci sono nomi… e ti proibisco di essere ironico. Questa è una cosa molto seria. Se tu sei qui è per una ragione. Nell’universo tutto ha uno scopo. Le stelle ci indicheranno come trovarle. Importante, sarà riunirle solo dopo averle localizzate tutte. Se ci facciamo prendere da facili entusiasmi rischiamo di perdere solo tempo. Anche perché basta che ne manchi una, affinché tutto il nostro lavoro sia vano

«Io credo che questo suo progetto sia completamente folle, ma non avendo niente di meglio da fare, l’aiuterò. Sono proprio curioso di vedere queste Wonder Women. Ha detto che sono bambine con poteri speciali? Magari una di loro potrebbe trasmettere qualche potere anche a me!» Più motivato di prima si rimise alla ricerca di qualche informazione utilizzando il mezzo che più gli era congeniale, il suo pc.

Fu la pietra grigia, all’apparenza morta, che sottrasse all’insaputa del professore tenendola sempre con sé a suggerirgli come gestire le sue personali ricerche. Proprio mentre stringeva nel pugno il meteorite spento, s’imbatté in un articolo francese in grado di catturare il suo interesse più di qualunque stella cadente. Iniziò a leggere a voce alta la parte che riguardava una strana bambina:

 

Teletrasporto o inganno?

Da qualche giorno gli assistenti sociali francesi stanno cercando di sviscerare questo incredibile dilemma. Una neonata è stata affidata alle cure di numerose famiglie, a causa dell’età avanzata dei suoi genitori, eppure la bambina viene sempre ritrovata nel suo lettuccio il mattino seguente. Anche le forze dell’ordine brancolano nel buio e non si trovano più temerari in grado di tentare la sorte. Qualcuno ha infatti ipotizzato che si tratti di un sortilegio e le coppie disponibili per l’adozione sono diminuite drasticamente, nonostante – a quanto dicono – la bambina sia davvero graziosa e poco impegnativa.

Al momento l’assistente sociale che si occupava del caso, la sig.ra L. sembra aver gettato la spugna, dopo l’ennesimo tentativo fallimentare. Anche il Maggiore D. della polizia di stato, sembra più che convinto che non sia il caso di utilizzare un numero sempre maggiore di pattuglie nel tentativo di scoprire eventuali rapitori, dal momento che la bambina non sembra subire alcun trauma o danno. Attendiamo quindi che si pronunci la giudice F.. Se non troveranno una soluzione al più presto, i suoi veri genitori potrebbero incorrere in una pesante sanzione e la piccola dai possibili “super poteri” potrebbe non trovare una coppia giovane in grado di accudirla.

 

«Questa notizia è davvero interessante. Secondo i calcoli del Prof. Magus un frammento luminoso è caduto in Europa. Questo è un articolo francese, devo capire dove si trova la bambina e verificare se vi può essere una connessione o corrispondenza con la prescelta che stiamo cercando.» si disse Plutone più che mai entusiasta. Sentiva che quella era la pista giusta.

Un pizzicorino nel palmo della mano che conteneva il carboncino glielo stava dimostrando. Non gli venne minimante il dubbio che potesse essere la sua stretta a provocarlo. “Anch’io ho dei super poteri. Potrebbe anche essere merito di questo meteorite, ma … al momento, li sta dando a me. Sono io ad essermene reso conto. Me li merito.”

Più che mai sicuro ed orgoglioso delle sue capacità e di quanto stava facendo, cercò di approfondire l’argomento e di trovare tutte le informazioni necessarie per avvalorare la sua tesi. Con quell’aiuto si sentiva sicuro di poter localizzare tutte le potenziali super bambine.

 

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PROF. MAGUS

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

PROF. MAGUS

8° capitolo

Il cielo è formato da tante stelle, pianeti, galassie e ci sono maghi in grado di leggere i loro spostamenti, oggi li chiamiamo più semplicemente astronomi. Uno di questi, fa parte di un gruppo di ricercatori che da secoli seguono gli spostamenti delle stelle su di un alto monte greco, quello che da tutti è conosciuto come il monte degli dei, ovvero l’Olimpo.

Oltre ad un numero imprecisato di installazioni di telecomunicazioni e radar dell’esercito cipriota e del Regno Unito, questa famosa montagna ospita in gran segreto, l’IRAM, l’Istituto di Ricerca Astrologica Magus.

Il Prof. Magus è rimasto l’unico erede dei segreti e delle ricerche di molti astrologi, prima di lui. L’unico che con la fine della seconda grande guerra, non se n’era andato.

Quando da giovane gli venne dato il titolo di Magus fu per lui il giorno più bello della sua vita. Affascinato dall’astronomia fin da bambino aveva chiesto egli stesso di far parte di quell’accademia, poiché la riteneva la più preparata in quel campo. Per quanto faticò a farlo accettare ai suoi genitori, alla fine dovettero cedere alle sue pressioni e lasciarlo andare.

I tempi moderni e la necessità di tenere segreta questa scuola aveva negli anni diminuito il numero degli adepti, facendo sì che il prof. Magus fosse l’ultimo rimasto ad occuparsi di quella torre ormai fatiscente, seppur ricca di segreti e di misteri, ancora non del tutto svelati, nemmeno a lui.

Quando si vide arrivare un bambino di dieci anni, desideroso di intraprendere il suo cammino fu un momento di grande commozione. Non si aspettava più richieste di quel tipo e fu ben felice di poter istruire colui che un giorno avrebbe fatto le sue veci. Gli mostrò il libro dei Magus, facendogli capire che anche lui avrebbe potuto arricchirlo un giorno con le sue profezie, dopo aver guardato il cielo con occhi esperti e averne tradotto i segni, come tutti gli altri Magus prima.

Una delle più importanti rivelazioni non ancora compiute, era sicuramente quella del Nono Magus. Egli predisse la caduta sulla terra di un meteorite, staccatosi dal sole. Questo piccolo pezzo infuocato, a contatto con l’atmosfera terrestre, avrebbe sprigionato cinque scintille, le quali colpendo la fronte di altrettante giovani prescelte avrebbero dato vita alla profezia più antica e importante. Queste bambine insignite di poteri speciali sarebbero state in grado di salvare il mondo dalla distruzione e dal caos.

Il Prof. Magus comprese presto che quel bambino che familiarmente amava chiamare Pluto, non era molto dotato per interpretare i segni del cielo, ma non avendo altri candidati disponibili, si era dovuto accontentare. La speranza, che prima o poi le sue capacità di astrologo sarebbero migliorate, non mancava, anche se il pensiero lo teneva spesso sveglio la notte.

 

Ora che conoscete tutti i protagonisti della nostra storia siete pronti ad intraprendere questo emozionante viaggio in loro compagnia? Perfetto, io vi seguo da lontano, in modo che se proprio qualcosa va storto… sì, insomma, ci siamo capiti… non si può mai dire con le profezie, c’è chi ci crede ad oltranza… io preferisco essere cauta, soprattutto ora che ho conosciuto… chi ha il compito di realizzarla.

Non dimentichiamo che non solo il prof. Magus e il suo aiutante Plutone dovranno riuscire a trovarle, ma dovranno anche convincerle ad intraprendere questa ricerca e a salvare il mondo. Le cinque prescelte crederanno a questa storia? Voi che fareste, se vi trovaste davanti ad uno sconosciuto che vi dice che avete il compito di salvare la terra, secondo quanto dice un’antica profezia?

Riuscireste a lasciare tutto per andare in cerca di un meteorite? Ne dubita molto anche Plutone, ma d’altra parte, le profezie sono fatte per avverarsi e in un modo o nell’altro, dobbiamo pur dar fiducia a questi profeti del passato.

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PLUTONE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

PLUTONE

7° capitolo

Le cinque schegge di sole sono cadute in Argentina su di una bambina di nome Chiara dandole il potere di vedere e sentire cose che altri non possono percepire o riconoscere.

Stella in Sud Africa con i suoi capelli riesce a guarire non solo le persone, ma anche la terra che abita.

In Canada, una piccola e sfortunata creatura, ha ricevuto il dono di addolcire i cuori malvagi, regalando pace e prosperità.

Il Laos, una terra che nelle mappe sembra quasi dimenticata, ha favorito una bambina di misere origini regalandole la capacità di creare sussistenza con pietanze deliziose.

In ultimo una bimba francese, seppur muta, ha rivelato a pochi la sua capacità di teletrasportarsi e teletrasportare da un posto all’altro chi più desidera.

Ora dobbiamo solo scoprire come farà il Prof. Magus e il suo giovane aiutante a trovarle e a convincerle ad unirsi a loro nella ricerca del Cristal Ignis, il meteorite di fuoco. Non solo, dovranno anche capire bene come mettere in pratica i suggerimenti delle profezie per riuscire a salvare il mondo.

Intanto vediamo di conoscere meglio l’aiutante di questo emozionato astrologo e la sua storia.

 

Pianeta Plutone

Quando Plutone venne al mondo, era particolarmente piccolo poiché affetto da nanosomia, un difetto dell’accrescimento somatico delle strutture anatomiche del corpo.  Il padre, un appassionato delle stelle, decise di dargli il nome di quello che per 76 anni era stato considerato il nono pianeta nano, orbitante nella parte esterna del sistema solare. Fu proprio la passione per gli astri, a convincere i genitori ad affidare il loro pargolo a qualcuno in grado di farlo diventare un grande studioso delle stelle.

Tutti i fratelli sembravano portati chi per un lavoro, chi per un altro, a farsi strada nel mondo con varie abilità, mentre questo bambino dalla corporatura fragile e minuta rispetto ai suoi coetanei, era deriso e umiliato costantemente. Il bullismo di cui fu vittima lo rese timido e riservato. Preferiva starsene sui libri, piuttosto che convincere gli altri a giocare con lui.

Il nonno di Plutone era stato un allievo dell’IRAM, ovvero l’Istituto di Ricerca Astrologica Magus, ma non era riuscito a superare la dura selezione per diventare un Professor Magus. Il solo fatto, di aver studiato in quella strutturo aveva comunque dato lustro a tutta la famiglia. Ovviamente fece di tutto per spingere il figlio a fare altrettanto, ma il padre di Plutone, un po’ per partito preso nei confronti del genitore fin troppo assillante, un po’ per mancanza d’interesse per l’argomento, non volle mai intraprendere quella carriera. Sapeva di essere stato una delusione per quell’uomo tanto rigido, ma non si sarebbe mai immaginato di non vederlo nemmeno al suo matrimonio. Solo davanti a quell’ultimo piccolo discendente della loro stirpe, che aveva ottenuto un nome tanto illustre e significativo per l’anziano nonno, riuscirono ad incontrarsi. Il vecchio riuscì a stringere tra le sue braccia Plutone, prima di spegnersi. In quell’istante il futuro del piccolo si delineò nella mente di suo padre.

Se per tutti era solo un fragile, malaticcio sfortunato, per i suoi genitori era di sicuro un privilegiato dalla sorte. Questo perché una volta dato alla luce era riuscito subito a riappacificare la famiglia e il padre di Plutone, non si sarebbe dato pace se non avesse accontentato, tramite il figlio, i desideri e le aspirazioni che avevano invano riposto, molti anni prima, in lui. Lo avrebbe trasformato in un appassionato delle stelle, sicuro che il nonno, dall’al di là, avrebbe favorito l’educazione del nipotino. Ne era più che certo. In quel luogo nessuno avrebbe fatto caso alla sua altezza e nemmeno sarebbe stato deriso. Avrebbe avuto la sua grande occasione per diventare un luminare, stimato e apprezzato anche dai coetanei che ora non lo capivano.

Iniziò presto ad indirizzarlo verso l’interesse agli astri, ai miti e alle leggende sul cielo e i suoi abitanti più prossimi: i pianeti e gli eroi mitologici. A volte sembrava più affascinato dagli extra terrestri, ma questa era solo un’inezia per il genitore più stoico del mondo e prima che il campo d’interesse deviasse definitivamente su altri lidi, decise di esternare le sue ambiziose prospettive alla moglie.

«Le nostre risorse non ci permetteranno mai di farlo studiare in un’università.» le disse serio un giorno «Guarda quanto è attratto dai libri e dalle storie che gli racconto. Abbiamo tanti figli, ma lui sembra il più portato e il più intelligente. Facciamolo studiare al centro ricerca dei Magus, lo prenderanno subito, per il solo fatto che anche suo nonno era un loro allievo. Secondo me non ci faranno nemmeno pagare la retta e potrebbe diventare un grande astronomo. Qui non ha nessun futuro.»

La madre era piuttosto scettica. Il marito spingeva per allontanare il bambino il prima possibile, mentre per lei era come se volesse tagliarle una parte del corpo. Quel bimbo, tanto piccolo e fragile, era anche il suo preferito, proprio perché lo riteneva il più bisognoso delle sue attenzioni.

Il marito, incurante delle sue obbiezioni, insisteva facendogli presente quanto fosse importante decidere in fretta. Ella guardava il figlio mentre leggeva i racconti dalle pagine consumate dei suoi fratelli. Lo guardava mentre preferiva mettersi in disparte durante le partite di pallone. Lo osservava mentre per mangiare doveva stare dritto sulla sedia, altrimenti toccava con il mento il tavolo nonostante l’immancabile torre di cuscini. Le motivazioni del marito e le osservazioni, la portarono a pensare che era la scelta giusta. Volle però riservarsi il diritto di chiedere l’opinione al diretto interessato. Lo accarezzò amorevolmente sul capo, mentre lui non sembrò nemmeno darle attenzione, fin tanto che una parola in particolare destò il suo interesse.

«Tesoro mio, ti piacerebbe andare a studiare sul monte Olimpo?» conosceva bene quel luogo, era l’epicentro di tante storie mitologiche che avevano arricchito le sue serate, oltre ad essere l’ubicazione della famosa scuola del nonno, del quale gli avevano tramandato ogni ricordo.

Il padre gli aveva letto spesso le gesta epiche dei prodi semidei. Conosceva tutto sulla sfida di tessitura di Aracne con Atena, che l’aveva portata a diventare un ragno; il mito di Narciso, costretto per via del suo disprezzo per l’amore altrui ad innamorarsi di se stesso; anche quella del povero Prometeo dal cuore troppo tenero e costretto alla tortura a vita. Olimpo fu la parola magica in grado di fargli appoggiare immediatamente la storia della curiosa Pandora e del suo vaso pieno di mali. Sgranando bene gli occhi incredulo, sentì rimbombare nei suoi orecchi le parole “Potresti imparare tante cose e diventare tu stesso un giorno, un Magus.” Fu così che scattando sull’attenti saltò al collo della madre abbracciandola con entusiasmo!

La leggendaria forza di Ercole

«Forte! Mi piacerebbe molto. Papà ha detto che il nonno ha studiato proprio lassù. Forse scoprirò di essere fortissimo, come Ercole!» Il suo più grande desiderio, infatti era sempre stato quello di poter avere anche lui dei super poteri, in grado di renderlo come i suoi eroi mitologici e fantastici.

L’entusiasmo che dimostrò all’idea di partire, per quella che vedeva come un’avventura, fece pensare ai suoi genitori di avere generato un bambino davvero speciale. Lo reputarono molto più maturo di quanto sembrasse e si decisero definitivamente a consegnarlo nelle mani del Prof. Magus, prima che potesse compiere i suoi undici anni. Erano davvero orgogliosi, e il fatto che si fosse ambientato subito salutandoli energicamente dall’alto della torretta centrale, li aveva tranquillizzati su quella dolorosa separazione.

Plutone chiamato sempre più spesso Pluto anche dal professore, crebbe al suo fianco. Lo ammirava e lo ascoltava attento come avrebbe fatto con il suo vero nonno. Affascinato dalle stelle cercava di accontentarlo in tutto. Senza rendersene conto imparò tantissimo, ma era evidente che quella non era la sua più grande passione. Finì per essere più attratto dal computer e da tutto ciò che in esso poteva trovare, piuttosto che dal telescopio. Informazioni di ogni sorta, lo tenevano in contatto con il resto del mondo. Forse per la solitudine che si trovava costretto a vivere.  Amava la quiete e si sentiva appagato da una vita semplice e silenziosa, ma era comunque un giovane solo. Non amava parlare quanto ascoltare, soprattutto il canto degli uccelli.

Iniziò ad interessarsi anche alla mineralogia e dal momento in cui il Prof. Magus gli mostrò due strane pietre, non riuscì a liberarsi dal desiderio di scoprire ogni caratteristica fisica e potenzialmente magica di quei corpi celesti. Ogni momento libero, lo passava in quello stanzino buio cercando di studiare da vicino i meteoriti. Finì per sottrarre una delle due pietre, quella che a parer suo non serviva a nulla, poiché appariva grigia, come morta. Al contrario si guardò bene dal toccare quella dal cuore rosso pulsante, che a quanto gli aveva rivelato il professore, sarebbe stata fondamentale per una missione atta a salvare il pianeta Terra. Temeva il rimprovero del Prof. Magus, nel caso si fosse accorto del furto, ma la tentazione era stata incontrollabile.

Iniziò a nasconderla nella tasca dei suoi pantaloni fin quando non si sentì più sicuro e cominciò a tirarla fuori e a stringerla in mano ogni volta che il professore gli sottoponeva un compito o una ricerca importante. La brandiva energicamente fino a sentire male e solo allora aveva l’impressione che un’energia positiva lo riempisse, dandogli capacità d’intuizione e di meditazione, senza la quale sarebbe stato impossibile per lui raggiungere un risultato soddisfacente. Dopo qualche tempo, quello che doveva essere solo un porta fortuna divenne per lui un vero e proprio oggetto trascendente e insostituibile, pronto a ricevere le sue confessioni e a sviscerare i suoi dubbi. Chiunque lo avrebbe definito solo un carboncino inutile, ma lui – che ormai ne conosceva gli straordinari poteri – lo trattava con grande rispetto, consapevole che la forza creativa e intellettiva che gli veniva da quel meteorite non era solo merito della pietra, ma anche suo, poiché quei poteri li sprigionava quando LUI la tratteneva nel suo palmo.

Questo ragazzino dalla bassa statura sarebbe diventato con gli anni, grazie alle sue doti intellettive e alla prodigiosa roccia, un aiuto indispensabile per la ricerca delle Figlie del sole, che il Prof. Magus avrebbe dovuto intraprendere per la salvezza del mondo intero.

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MARTA E LA MAGIA DEL SILENZIO

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

MARTA E LA MAGIA DEL SILENZIO

6° capitolo

Nessuno avrebbe mai immaginato che un piccolo esserino di nome Marta, potesse cambiare la storia di un intero paese dell’Aquitania, una regione della Francia sud-occidentale il cui capoluogo è Bordeaux.

Questo delizioso “petit pays”  era purtroppo, ricco solo di anziani. Da tanti anni, infatti non vi erano state nuove nascite. Fu un caso strano quello di questi due genitori attempati che suscitò l’interesse generale, tanto che i media locali ne parlarono per giorni, come un fatto straordinario, davvero incredibile.

Alcune male lingue, pur dubitando di quella gravidanza in età avanzata, avevano smesso presto di parlarne con diffidenza e malignità, perché quel tenero esserino da mangiare di baci era a tutti gli effetti talmente adorabile, che il modo in cui fu concepito passò in secondo piano. Tutti gli abitanti del paesello facevano a gara per tenerla in braccio, per coccolarla e inventavano sempre nuovi giochi, quando piangeva per la fame o per il mal di pancia o per la noia.

Successivamente, la protagonista principale ritornò alla ribalta per qualcosa di ancora più incredibile. Potremmo pensare al titolone da prima pagina: “Neonata colpita da un meteorite sopravvive all’impatto!” oppure “Eccola, la famosa prescelta dal sole!” Dimenticatevi pure i titoloni e gli annunci teatrali, perché quando la piccola scheggia di sole le cadde al centro della fronte, nessuno – eccetto lei – se ne accorse. La bimba percepì solo un lieve solletico che la fece schernire e subito dopo le uscì un rumoroso ruttino, quello che la madre stava aspettando dopo la solita abbondante poppata. E quel magico ed entusiasmante momento finì senza gloria, mentre solo a molte miglia di distanza qualcuno aveva cercato disperatamente di seguirne la traiettoria.

Questa nascita, a parte il primo momento di euforia generale, non richiamò giovani e il paese era destinato a spegnersi. I genitori preoccupati per la sorte della piccola riunirono gli ultimi cittadini rimasti nel tentativo di trovare una famiglia giovane, pronta a prendersi cura della loro bambina. Rimasero ore a cercare una soluzione, ma l’unica valida sembrava essere quella di dare ad un’assistente sociale la piccola Marta, affinché le procurasse una famiglia affidataria. Gli anziani genitori non facevano che piangere disperati. Mai avrebbero voluto separarsi dall’unica gioia entrata nella loro vita, ma dovevano mettere il bene di quella bambina davanti al loro.

L’assistente sociale suggerì di fare tutto molto velocemente.

«Non vorrete portarcela via prima del tempo?» supplicò angosciata la madre.

«Più attendiamo e più la piccola soffrirà. Ora non è ancora in grado di capire. Se viene portata presso un’altra coppia in tenera età non se ne accorgerà nemmeno, ma se aspettiamo potrebbe avere dei traumi psicologici non indifferenti. Si sentirà abbandonata. Per non parlare poi del fatto che potrebbe rimanere sola, mentre voi…» abbassò gli occhi per non sembrare eccesiva, mentre pochi secondi dopo ribadì il nefasto concetto con un «…purtroppo dobbiamo valutare tutto.»

Li agghiacciava pensare che potevano passare a miglior vita, prima ancora di aver trovato una sistemazione alla loro figlia e con il cuore a pezzi decisero di darla nelle mani più sicure di una famiglia giovane e responsabile.

Il problema nacque nel momento in cui ogni coppia affidataria si ritrovava senza bambina il giorno seguente. Al contrario, gli anziani genitori al risveglio trovavano Marta nel suo lettino a saltare allegramente in compagnia dei suoi giocattoli preferiti. L’assistente sociale stava impazzendo. Non si spiegava quella situazione e diede la colpa ai genitori. Disse che la stavano prendendo in giro, che qualcuno rapiva la bambina e aveva mobilitato anche le forze dell’ordine. Giurò che non avrebbe più mosso un dito per aiutarli se fosse successo un’altra volta e quell’ultima volta accadde di nuovo.

Per quanto continuassero a scusarsi, Marta ritornava nel suo lettuccio contenta e soddisfatta, come si trattasse del gioco più semplice e conosciuto del mondo, quello del cucù. A quel punto, con i pochi risparmi rimasti i genitori affranti, decisero di trovarle una tata, o come la chiamano in Francia, una nounou. Non fu facile, nessuno voleva abitare in un paese disabitato come quello, ma alla fine ci riuscirono, perché Marta sapeva farsi amare da tutti, tanto era adorabile.

Nounou, era molto dolce, non aveva più parenti al mondo, quindi per lei un posto valeva l’altro. Quando la vide si affezionò subito ai suoi teneri occhioni e al suo sorriso vivace e impertinente. Ovviamente i genitori cercarono di tenere nascosto il più possibile la sua singolare capacità. Temevano infatti che rinunciasse a quell’impiego.

All’età di tre anni Marta non parlava ancora. Al contrario aveva un’innata sensibilità per comprendere gli stati d’animo altrui, tanto che si accorse di come l’umore della sua nounou cambiasse ogni volta che si trovava in compagnia di un giovane garçon del supermercato della vicina città di Cérons. Fu così che, dopo aver caricato le borse della spesa, si trovarono il cassiere in macchina.

Non vi sto a dire la meraviglia di quel tale e l’imbarazzo della bambinaia, che lo fece scendere con parole che non le aveva mai sentito pronunciare. Quella stessa sera il giovane si ritrovò con ancora il camice da lavoro addosso, a tavola con loro. Nounou presa la scopa lo scacciò urlando. Il poveretto che non sapeva nemmeno dove si trovasse, rimase in strada a battere i denti dal freddo, domandandosi come mai non vi era anima viva in quel posto.

La piccola, dopo aver guardato con stupore la scena, non si dette per vinta e decise che spettava a lei farlo rientrare.

«Marta! Porta subito questo signore dove lo hai trovato!» gli intimò la mamma a fatica, tra un colpo di tosse e l’altro, perché si era accorta di aver svelato il suo segreto.

Nounou pensò che avesse parlato a quel modo a causa dell’età avanzata. Come poteva una bambina avere un potere del genere? Ma in quell’istante la piccola e il suo garçon scomparvero. Li ritrovarono nella stanzetta di Marta. Gli stava mostrando con orgoglio i suoi giocattoli. Nounou dovette convincersi che quella bambina aveva davvero un dono specialissimo. Ritenne opportuno non farla agitare, per paura che facesse sparire tutti. Chiese spiegazioni e i genitori dovettero ammettere che non conoscevano l’origine di quella sua peculiarità, ma non potevano nemmeno più negarne l’esistenza.  L’addetto del supermercato fu sistemato sul divano letto quella notte, perché ogni tentativo di farlo andare via risultava vano.

Da quel giorno però, i rapporti tra i due giovani si fecero sempre più intimi. Iniziarono a frequentarsi regolarmente e quando i genitori di Marta passarono a miglior vita, lei non si sentì sola, poiché la sua “nounou et son petit ami” si erano già sposati e vivevano tutti insieme nella casa dei suoi veri genitori, da diverso tempo. Solo il paese che li ospitava era diventato se possibile, ancora più silenzioso, da qui il desiderio di abbandonarlo. Cérons era piuttosto lontana da raggiungere ogni giorno come pendolare e cominciava ad essere anche abbastanza dispendioso il tragitto. Dovevano valutare anche la necessità di portare Marta a scuola una volta che fosse diventata più grandicella. Essere più vicini alla città avrebbe reso la gestione familiare molto più semplice ed economica.

Il fatto che ancora a quattro anni non riuscisse a parlare indusse la giovane coppia a recarsi da un noto specialista. Fu in quello studio che Marta incontrò un bambino sordomuto. Nel giro di pochi minuti scomparvero ambedue senza lasciare traccia. Nounou era l’unica a sapere cosa fosse successo e fu infatti lei a ritrovarli entrambi nella stanzetta di Marta, intenti a giocare e a parlare come potevano, attraverso i gesti.

Non fu facile spiegare quella sparizione. Il padre del bambino, un noto uomo d’affari era intenzionato a denunciarli tutti, fin quando non si trovò davanti al figlio, finalmente allegro, che giocava con quella strana bambina. Iniziò a piangere commosso, perché la cosa che desiderava di più al mondo, non era sentirlo parlare, ma vederlo sorridere e Marta aveva compiuto quel miracolo.

Padre e figlio decisero di passare qualche giorno in quel paesello. Si innamorarono di quella vista e del vicino parco. All’imprenditore venne un’idea geniale. Decise di investire in un’impresa turistica molto particolare. Voleva creare un ambiente adatto ad accogliere famiglie con bambini diversamente abili. Avrebbe fornito attrezzature, supporti e cure, ma anche un ambiente sano e rilassante per i genitori.

Il paese si ripopolò di lavoratori e turisti, mamme e papà desiderosi di pace e serenità, in un ambiente fatto su misura per le loro esigenze, mentre ai bambini non mancavano le attenzioni e il divertimento.

Marta continuò a non parlare, ma non sembrava una cosa grave, perché il suo umore era sempre allegro e donava gioia a tutti, soprattutto quando faceva i suoi “giochi di prestigio. Di tanto in tanto compariva anche un’assistente sociale, sua vecchia conoscenza. A parte le crisi di nervi che questo comportava a quella donna, e i rimproveri che le venivano fatti dalla sua Nounou, erano davvero spettacoli entusiasmanti!

 

Queste sono le storie delle nostre cinque prescelte. Come faranno ad incontrarsi e a salvare la terra? Lo scopriremo nelle prossime puntate.

 

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LUCILLA CUOCA INCANTEVOLE

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

LUCILLA CUOCA INCANTEVOLE

5° capitolo

Pak Mong si trova nella parte nord della Repubblica Popolare Democratica del Laos, uno Stato del sud-est asiatico, che non ha sbocco sul mare, a pochi chilometri dalla Cina, dal Vietnam e dalla Birmania. Proprio in questo paesino che spesso è il punto di partenza per la maggior parte dei tour del Laos, viveva una famiglia molto povera, seppur ricca di figli e di amore.

Lucilla, la maggiore, era una bambina che le ristrettezze economiche e la situazione politica avevano resa assai intraprendente fin dalla più tenera età. Ancora in fasce e all’insaputa dei suoi genitori, venne baciata in fronte da una piccola scheggia luminosa proveniente dal sole. Peccato che né lei, né la sua famiglia si resero conto del valore da attribuire a quel dono gratuito del cielo.

Appena in grado di badare a se stessa, venne affidata a Lucilla la cura dei suoi fratellini, che anno dopo anno continuavano ad arrivare puntuali come le bollette. Instancabile non sapeva cosa volesse dire la parola difficoltà, per lei esistevano solo dei problemi che in un modo o nell’altro dovevano essere risolti e li risolveva sempre, primo fra tutti quello dell’approvvigionamento.

Ogni giorno, con poche cose a sua disposizione ella riusciva a creare piatti abbondanti e soprattutto assai gustosi. Forse per via dei continui impegni e della stanchezza, nessuno ci aveva mai fatto caso, ma le vettovaglie in quella famiglia non mancavano mai, come non mancava la seconda portata per tutti, anche per gli ospiti. Si era infatti sparsa la voce che a casa sua, nessun povero o senza tetto veniva scacciato e ciclicamente – per non crearle problemi – bussavano alla porta chiedendo un pasto caldo, che non veniva mai negato, apportando un’insolita forza, coraggio ed energia. Il padre a volte si impuntava dicendo che non ce ne sarebbe stato abbastanza per loro, che non potevano mantenere tutto il vicinato, ma alla fine doveva rassegnarsi all’evidenza, perché mai lo aveva lasciato privo del sostentamento. Il cibo finiva solo, quando l’ultimo commensale era più che sazio.

Nello stesso paese viveva un uomo molto avaro e privo di scrupoli. Quando un senza tetto bussava alla sua porta elemosinando un pezzo di pane, egli lo scacciava in malo modo a volte addirittura con calci e sassi. Si giustificava poi coraggiosamente, con una frase ormai nota a tutti:

«Non posso certo mantenere ogni nullafacente della zona!» e puntualmente senza scrupoli gettava il povero disgraziato in mezzo alla strada.

La leggenda di Khun Borom

Arrivò però il giorno in cui un clochard, gli fece presente che c’era chi non solo condivideva, ma lo faceva con amore e senza perdere nulla. L’avaro Lao, che si vantava di essere un diretto discendente di Khun Borom – creatore del mondo – non si fece scrupoli nell’afferrare per il bavero il malcapitato per sapere il nome di chi osava tanto. Il suo primo pensiero fu che vi fosse a Pak Mong qualcuno ben più ricco di lui. Rimase assai stupito e incredulo quando questi gli disse che si trattava della famiglia più povera.

«Impossibile! Stai mentendo!» disse rigettandolo in mezzo alla strada.

Dopo essersi chiuso alle spalle l’uscio con un grande frastuono, a motivo della sua indignazione, cercò di rimettersi al lavoro, ma non riusciva a pensare ad altro che a quelle persone che – a suo dire – si spacciavano senza pudore per altruisti. Deciso a dimostrare che nessuno fa niente per niente, volle verificare con i propri occhi quanto gli era stato riferito.

Quando si trovò nei pressi dell’abitazione di Lucilla, vide distintamente persone indigenti e tristi, uscire soddisfatte ringraziando con inchini e promesse, coloro che – a quanto poteva capire – li avevano rifocillati. Si avvicinò per guardare meglio, sempre cercando di prestare la massima attenzione. Il luogo era evidentemente povero e sciatto. Come facevano quei disgraziati a trovare il denaro necessario per sfamare tanta gente? Quella domanda si trasformò presto in un chiodo fisso, tanto che non passarono molti giorni che l’avaro Lao si travestì da mendicante per appurare se le chiacchiere sul conto di quella famiglia fossero vere.

Bussò alla porta di Lucilla e questa, che reggeva con un braccio un bambino e con l’altra mano un mestolo, gli sfoggiò uno dei suoi migliori e splendidi sorrisi che lo spiazzarono.

«Oh, buon uomo, è molto presto per la cena. Non sono ancora pronta, ma se vorrete accomodarvi sarete il primo ad essere servito.»

L’uomo finse gratitudine e si mise ad osservare bene tutte le mosse di Lucilla. Questa andava da una parte all’altra della cucina sempre con il bimbetto sbraitante in braccio, tagliava, rimestava, sbucciava e impastava con grazia e allegria. Quella che era una piccolissima pagnottella la vide diventare un voluminoso impasto, pronto per essere cotto nel forno ed essere servito come una specie di filoncino, che di lì a poco sarebbe stato riempito di verdure fumanti, il Khao Jee; molto pratico per chi – non volendo entrare – si sarebbe accontentato di riceverlo dalla finestra. Quel magro contorno non servì solo a quello, infatti ciò che non avrebbe potuto sfamare nemmeno un coniglietto nano, saltellando allegramente nella grande padella fu sufficiente per condire diversi piatti, tra i quali una profumatissima zuppa di noodles. Per non parlare della piccola salsiccia grande quanto una coscetta di pollo che nelle sue mani divenne un delizioso Sai Oua. Una specie di spezzatino servito con una salsa chili ed ovviamente lo sticky rice.

Lucilla gli chiese di reggere il bimbo per darle la possibilità di apparecchiare. Nelle campagne del Laos, le persone mangiano secondo lo stile familiare tradizionale, sedendo sul pavimento e condividendo i pochi piatti. Nulla deve avanzare.

Lao era incapace di proferire parola dallo stupore.  Non riusciva a capacitarsi di come nessuno se ne fosse mai accorto. Ma la confusione in quella casa era tanto grande che finì per rispondersi da solo. Anche il sapore di ogni pietanza, era ottima e questo fece crescere l’acredine dell’uomo, che per la sua innata malizia venne folgorato da un’idea che aveva lo scopo di volgere a suo vantaggio quella prodigiosa capacità. Si tolse gli stracci e si mostrò quale realmente era.

«D’ora in avanti tu cucinerai per me!» disse l’astuto taccagno.

«Non posso andarmene, chi baderà ai miei fratelli? Mia madre da sola non ce la farebbe e mio padre deve lavorare. Loro hanno solo me.» rispose amareggiata indicando la numerosa prole.

L’uomo promise di occuparsi di tutta la famiglia se lei si fosse spontaneamente occupata di cucinare per lui. A Lucilla sembrò un’ottima idea e stipulò il contratto. Non si trattava però di un buon lavoro come si era immaginata, infatti l’uomo la sfruttò così tanto che non le rimanevano che poche ore la notte per dormire. Chiese di poter avere un po’ di riposo, ma l’avaraccio non ne voleva sapere e aprì altri ristoranti anche nelle città vicine. La fatica divenne, nel giro di pochi anni, insostenibile per Lucilla che si ammalò gravemente.

Per quanto il medico cercasse di curarla, la febbre non sembrava lasciare la ragazza e il testardo imprenditore buttò in mezzo alla strada lei e tutta la sua famiglia, con rimproveri che dovevano svergognarli persino davanti ai passanti.

La madre e il padre di Lucilla la presero sotto braccio, mentre si dirigevano verso casa affranti e pieni di dubbi. Gli anni cominciavano a farsi sentire e con essi gli acciacchi, come avrebbero mantenuto quella numerosa famiglia? Non avevano più lavorato grazie a lei e ora sembrava impossibile rimettersi a fare qualunque cosa. Cominciarono così a rimbeccarsi inutilmente su quello che avrebbero o non avrebbero dovuto fare per evitare quella spiacevole situazione.

I fratelli e il padre rimproveravano la madre che aveva – a parer loro – viziato Lucilla. Le rimproverarono addirittura tutto il cibo che di comune accordo avevano dato ai tanti bisognosi che si erano accalcati alla loro porta, privandoli di una certa ricchezza che ora avrebbe potuto sfamarli.

Arrivati alla casa, la trovarono fatiscente. Era rimasta abbandonata per troppo tempo.  Il tetto era rotto, le scale cadute, dell’erbaccia ricopriva il pavimento. Osservavano quella che in passato era stata la loro seppur misera, ma accogliente dimora con rassegnazione, finché da lontano videro giungere delle luci.

«Ecco ora vengono a picchiarci!» disse uno dei fratelli.

«Presto scappiamo o ci faranno del male.» disse un altro.

Davanti a quella prospettiva, uno dopo l’altro tutti si dettero alla fuga. Solo la povera donna con in braccio la sua bambina febbricitante continuava a piangere silenziosa e rassegnata. Lei non l’avrebbe mai abbandonata, qualunque cosa fosse successa.

Solo quando le luci furono abbastanza vicine le due donne si accorsero che si trattava dei tanti poveri e senza tetto, che avevano aiutato. Ognuno di loro portava qualcosa. Chi aveva in mano degli attrezzi da lavoro, chi del cibo, chi del materiale da costruzione, e tutti si dettero da fare per rimettere in sesto la casa e dare forza a Lucilla.

La giovane, grazie all’amore della madre e di quelle volonterose persone, riacquistò le sue energie e guarì dalla febbre. La casa ora era troppo grande per loro. Decisero di aprire un ristorante, nel quale fecero lavorare i loro benefattori, ricambiandoli con un alloggio decoroso, dove potevano vivere dignitosamente.

L’avaro imprenditore fallì presto e pieno di debiti dovette fuggire all’estero per non essere arrestato e non lo videro mai più.

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POLA E I CUORI MALVAGI

Dal romanzo inedito “Le figlie del Sole”

POLA E I CUORI MALVAGI

4° capitolo

Sulle rive del Moraine Lake, tra le Montagne Rocciose canadesi, nella bellissima Valley Of The Ten Peaks, vi è un delizioso paesino, abitato da una famiglia che custodiva un’imbarazzante segreto. La loro unica figlia, Pola, era terribilmente brutta e per quattordici anni erano riusciti a tenerla nascosta. Vi parrà strano, perché i neonati tanto piccoli e fragili sono sempre carini, anche solo per quel senso di tenerezza e dolcezza che ispirano, ma credetemi se vi dico che Pola appena venuta al mondo era veramente repellente e crescendo finì addirittura per peggiorare. Non solo suscitava ribrezzo, ma anche paura. Gli stessi genitori faticavano a guardarla.

La fortuna di questa piccola creaturina fu una finestra rimasta aperta davanti alla sua culla, proprio nel momento in cui una minuscola scheggia di sole stava furtivamente entrando in quella casa per posarsi sul suo capino. Da quel momento non sarebbe più stata solo una bambina sfortunata, bensì un essere umano molto speciale, ma lo avrebbero compreso solo molti anni più tardi.

Le prime lezioni gliele impartì la madre e successivamente imparò dal computer quanto c’era da sapere sul mondo. Per giustificare quell’isolamento le dissero che soffriva di una rara malattia che le vietava anche di sottoporsi ai raggi del sole, onde evitare che si affacciasse alle finestre o potesse uscire.

Pola, che non si era mai vista allo specchio, era cresciuta nell’oscurità come fosse la cosa più naturale del mondo, ma attraverso il computer riuscì a comprendere che – al di fuori della sua casa – vi era un mondo di luce, dove le persone potevano guardarsi in viso, amarsi e parlarsi. Aveva visto che poco distante dalla sua casa vi era un paesaggio meraviglioso, con montagne e animali. Da quel momento il suo desiderio di vedere con i propri occhi quelle meraviglie crebbe a dismisura. Quando divenne maggiorenne espresse ai genitori l’edonistica velleità di uscire – a dispetto della sua malattia – con le dovute precauzioni, magari di notte. Dopo tanti anni di segregazione era giunto il momento di fuggire da quella prigione, con o senza il loro permesso.

I genitori disperati per quello che le sarebbe potuto accadere, decisero di impegnare tutte le loro risorse nella ricerca di una soluzione. Sapevano di un luogo – molto lontano – dove le donne uscivano coperte da capo a piedi, mostrando solo gli occhi. Essendo l’unica parte del corpo che si poteva guardare, senza esserne inorriditi, presero presto la decisione che quello era l’unico paese sulla faccia della terra, dove nessuno si sarebbe accorto di quanto era brutta la loro figlia.

Felicissima, Pola non faceva che chiedere la data e l’ora in cui sarebbero partiti. I genitori, inizialmente titubanti, cercarono di tergiversare per acquistare tempo finché, mossi dal desiderio di vedere la loro unica figlia finalmente libera e felice, stabilirono una data. Misero insieme gli ultimi risparmi rimasti e si trasferirono non senza angosce, cercando di convincersi a vicenda, di aver davvero trovato il luogo giusto per loro.

Una volta raggiunto il tanto agognato paese, non fu facile inserirsi nella comunità. Erano tutti assai diffidenti riguardo gli stranieri. I primi tempi vennero studiati con diffidenza, ma le loro maniere caute e garbate, il modo di vestire umile e tanto simile, il fatto che cercavano in tutti i modi di uniformarsi alle loro usanze, li fece prendere in benvolere. Alla fine, i genitori di Pola si sentirono accolti con maggior rispetto di quanto non avessero mai fatto nel loro luogo di origine. Liberi di mostrare la figlia in pubblico, tanto non la poteva vedere nessuno, per quello che era, si sentirono quasi come tutti gli altri, non fosse stato che per quel senso di mancamento che li invadeva al vederla fuori dalle mura domestiche. Il timore assurdo che la veste potesse dissolversi scoprendo il suo vero aspetto era ancora un angoscioso tormento della loro mente. Quando arrivarono quasi ad abituarsi, furono assaliti da altri dubbi e desideri.

«Adesso dobbiamo trovarle un marito.» Si azzardò a dire la madre di Pola. «Non vivremo per sempre. I nostri risparmi sono quasi finiti, come possiamo pensare che abbia di che sopravvivere, una volta che noi non ci saremo più. Non ha nemmeno imparato un mestiere

In quella terra, non era previsto che le donne lavorassero. Erano davvero molto preoccupati. Provarono a cercarle uno sposo, ma nessuno voleva prendere in moglie Pola, poiché era comunque una straniera, finché non la indirizzarono verso un giovane di buona famiglia che desiderava accasarsi. L’unico problema era che tutte le sue mogli, erano morte prematuramente. L’idea di un Barbablù orientale, li fece desistere, fin tanto che non vedendo altre soluzioni, a malincuore accettarono quella prospettiva.

«Forse è solo un giovane sfortunato come noi.» azzardò il padre di Pola «Se è vero che muoiono tutte le sue mogli, io sono sicuro che nel nostro caso sia più facile il contrario. Quando le vedrà il volto potrebbe morire lui dalla paura. A lei rimarrà il suo capitale e almeno non morirà di fame.»

«Ma dovrà vederla solo quando saranno sposati.» replicò ansiosamente la moglie.

Non era certo una bella cosa da pensare, ma se la dissero ugualmente e forti del fatto che fosse l’unico modo che avevano a disposizione per salvare la figlia, si misero a frequentare la famiglia di quell’unico inquietante pretendente. Il ragazzo era piuttosto strafottente e maleducato. Altezzoso e pieno di sé. Sua madre poi, era davvero insopportabile, non faceva che parlare delle doti del figlio, di quanto fosse bravo, bello e ricco. Al contrario, loro non potevano vantare nulla.

Quando decisero che era arrivato il momento di farli conoscere, Pola era davvero emozionata. I genitori le raccomandarono di non togliersi mai la copertura e di non parlare troppo, perché anche la sua voce non era gran che bella. La istruirono a dire solo sì oppure no, preferendo addirittura un solo cenno del capo.

«Sai cara, qui è usanza che le donne non parlino troppo e noi vogliamo che tu faccia bella figura. Vedrai che bel ragazzo e che bella casa. L’importante è che ti comporti esattamente come ti abbiamo suggerito noi.»

Pola appena vide il giovane se ne innamorò. Dopo tutto, era veramente bello. Questo suo stato d’animo non le fece notare quanto fosse però vanesio, egoista e morbosamente attratto da sé stesso, tanto che non alzò mai gli occhi verso di lei, come se davvero non gli importasse nulla della donna che avrebbe sposato. Era stato il padre a convincerlo a fare un ultimo tentativo, per sollevare la famiglia da quelle brutte dicerie sul loro conto.

Nel giro di pochi mesi vennero fissate le nozze. Pola non stava più nella pelle, non vedeva l’ora di essere una moglie. Tutti i genitori invece dell’uno come dell’altra, fremevano per l’agitazione di quello che sarebbe potuto accadere. L’unico che non sembrava darsene pensiero era il giovane narcisista, talmente egocentrico da non preoccuparsi che del suo aspetto. Era più che sicuro che nel giro di una notte, sarebbe tornato single. L’idea non lo allarmava, anzi gli piaceva quest’alone di mistero che gli conferiva, a parer suo, maggior fascino.

In accordo con tutti, le nozze non richiesero molti giorni come era solito fare in quel luogo, ma vennero celebrate di notte e in gran segreto. Per i genitori di Pola andava più che bene. Per i genitori del giovane anche, soprattutto per il padre che non voleva troppo rumore con quel matrimonio che poteva essere l’ennesimo motivo di derisione. Se la sposa non sopravviveva, avevano già predisposto tutto in modo che nessuno ne venisse a conoscenza.

Alla fine della cerimonia i due sposini vennero accompagnati in quella che doveva essere la loro futura residenza. Pola tremava all’idea di essere vista dal marito, che invece, non aveva alcuna voglia di aspettare e di fare smancerie.

Entrati nella camera nuziale Pola vide due bicchieri ricolmi di vino rosso su ogni comodino a fianco dell’enorme letto. La camicia che avrebbe dovuto indossare era da un lato, mentre il pigiama del marito dall’altro. Lo sentì sopraggiungere alle sue spalle e in un solo istante le tolse l’abito nuziale mostrando il suo corpo nudo. Dalla vergogna e dalla paura Pola prese il bicchiere di vino e lo lanciò negli occhi del suo assalitore. Afferrando l’abito da terra, si raggomitolò sotto il letto, mentre lui le urlava contro frasi che non riusciva a decifrare e tremava inorridita per quello che le stava capitando.

«Ma cosa sei? Fatti vedere!» le urlò con rabbia, cercando di afferrarla. Fu a quel punto che toccò una parte imprecisata del suo corpo per poi ritrarsi disgustato. «Che schifo! Ma cosa…?» disse vincendo la repulsione mentre la trascinava fuori «Sei un mostro… Vattene via!» replicò lui che non voleva più nemmeno guardarla.

In quel momento di grande vergogna ella percepì la bruttezza dell’uomo che aveva davanti. Andava ben oltre la sua, perché quando toccava le persone, Pola poteva vederne la loro vera natura e soprattutto far uscire il bello di ognuno. Fin dalla nascita possedeva il dono dell’addolcimento dei cuori malvagi. Nessuno se ne era mai accorto però, perché l’avevano sempre emarginata.

In quel momento Pola lo vide cambiare colore. La sua pelle divenne rossa fiammante, il suo corpo sembrava di fuoco. Un sudore appiccicoso lo stava ricoprendo e un vapore maleodorante stava invadendo l’ambiente. Spaventata da quello che stava accadendo corse verso la porta per fuggire, ma voltatasi un’ultima volta, lo vide a terra come morto. Era tornato del suo colorito roseo. Sembrava tutto passato. Si avvicinò per guardare meglio ed era così bello che non poté fare a meno di prenderlo tra le braccia e posarlo sul letto. Avvicinò le sue labbra alla guancia perché in quel momento provava una grande tenerezza. Spaventata da un suo lieve movimento corse di nuovo alla porta.

«Non so cosa mi sia accaduto, ma ti prego, resta!» le disse il marito ancora intorpidito.

«Vuoi davvero che rimanga accanto a te? Non pensi più che io sia un mostro?»

Senza voltarsi Pola spense la luce e lo raggiunse. Egli provò a prenderle una mano. Stranamente non lo ripugnava. Iniziarono a parlare e lei gli rivelò che non si era mai vista allo specchio. Lui le disse che ve n’era uno nell’anta interna dell’armadio, ma cercò di dissuaderla dal guardarsi. Pola si fece vedere assai determinata a scoprire il suo aspetto.

«Sei davvero sicura di volerlo fare? A me non importa più come sei. Mi hai liberato il cuore, ora lo sento leggero e … ti amo. Questa cosa che provo è meravigliosa. Mi sento felice, molto più di quanto non sia mai stato in vita mia

Lei insistette e lui dovette suo malgrado, accendere la luce. Non voleva però vedere il dispiacere della moglie quando si fosse trovata di fronte al suo vero aspetto, così chiuse gli occhi. Attese un grido, un pianto, ma niente. Attese ancora e alla fine si fece coraggio. Davanti a lui vi era una fanciulla bellissima, non era più la donna di prima. Guardandosi allo specchio ella aveva visto la bellezza del suo cuore e ciò che stava dentro era uscito fuori. Così come quello che stava dentro al giovane se n’era andato, così lei aveva preso il suo vero aspetto. Si corsero incontro e si amarono.

Quando la madre del giovane si recò nella loro stanza per uccidere Pola, poiché era lei, che gelosa del figlio uccideva tutte le mogli, venne toccata anch’essa dalla nuora. Tutta la malvagità che le opprimeva il cuore uscì fuori con quella strana febbre, che aveva colto anche il figlio.

Il giorno seguente venne indetta una grande festa che durò giorni e giorni. Pola riuscì a cambiare il cuore di tante persone, che rese più amabili, si aprirono le une alle altre lasciando più libertà alle mogli e alle figlie. Le donne poterono imparare dei mestieri e lavorare senza più l’obbligo di rimanere completamente coperte.

Pola divenne un’insegnate. Ogni volta che i suoi bambini si comportavano male, con una semplice carezza li correggeva prima che ogni pensiero cattivo potesse prendere piede nel loro cuore. Ogni suo allievo divenne una brava ed onesta persona, ricca d’amore, di pietà e di rispetto per tutti.

I genitori di Pola – dopo qualche tempo – tornarono al loro paese, orgogliosi di mostrare a tutti la loro bella famiglia.

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